E' quanto stabilito dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 19559/2015, depositata il 1° ottobre scorso (qui sotto allegata).
Più precisamente, nella pronuncia in esame, i giudici hanno ritenuto che non può considerarsi meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, per contrasto con i principi di cui agli articoli 47 e 38 della Costituzione, l'interesse perseguito dall'istituto di credito sfruttando le preoccupazioni previdenziali di un cliente e inducendolo a concludere operazioni negoziali complesse di rischio e di unilaterale riattribuzione del rischio di impresa della banca.
Non è quindi possibile stipulare un valido contratto atipico ai sensi dell'articolo 1322 c.c..
Nel caso di specie, oltretutto, era pattuita la facoltà, discrezionale, della banca preponente di stabilire quale sarebbe stata la natura e l'entità degli investimenti a composizione dei fondi, potendovi includere anche prodotti finanziari e titoli con redditività bassa e in probabile contrasto con la propensione al rischio del cliente.
Inoltre il finanziamento concesso contestualmente era connotato da una forte rigidità.
Di conseguenza, il contratto atipico concluso tra banca e cliente non può ritenersi efficace ai sensi delle previsioni del nostro ordinamento.
Va quindi respinto il ricorso presentato dall'istituto di credito e deve essere confermata la decisione dei giudici del merito di invalidare il contratto di piano finanziario stipulato tra banca e cliente.
Corte di cassazione testo ordinanza n. 19559/2015