Nel giungere a questa conclusione, tuttavia, i giudici non hanno omesso di ricordare che la dichiarazione di adottabilità rappresenta una soluzione estrema, ammissibile solo nel caso in cui ogni diverso rimedio non sia idoneo a ripristinare, in tempi compatibili con le esigenze del minore, uno stabile e adeguato contesto familiare.
Laddove, quindi, non sia prevedibile un recupero entro tempi accettabili delle capacità genitoriali, l'accertamento dello stato di abbandono è legittimo e corretto.
In tal senso, ricordano i giudici, si è espressa anche la Corte europea dei iritti dell'uomo, sancendo che l'interesse del bambino, in ragione della natura e gravità della condizione in cui il piccolo si trova, può prevalere su quello del genitore a tenerlo con sé.
Nel caso di specie, alla madre, che ha visto respinto il suo ricorso, era stato diagnosticato, dapprima, un disturbo reattivo dell'attaccamento e, poi, un disturbo di personalità istrionico in associazione ad un funzionamento intellettivo limite.
Nonostante quindi la donna avesse un atteggiamento affettuoso e amorevole verso il figlio, la sua estrema aggressività, più volte manifestata, unitamente ai disturbi della personalità riscontrati hanno indotto la Corte a confermarne la non idoneità a espletare la propria responsabilità genitoriale.
Corte di cassazione testo sentenza numero 23976/2015