di Lucia Izzo - Spetta al giudice di merito valutare, nell'ambito del giudizio di successione, se e quali opere asseritamente realizzate dal donatario, successivamente alla donazione con riserva di usufrutto effettuata dal de cuius, debbano essere dedotte a suo favore in sede di collazione.
Non può infatti condividersi l'affermazione secondo cui la regola prevista dall'art. 748 c.c. (deduzione a favore del donatario delle apportate migliorie al bene donato al tempo dell'aperta successione) non sia applicabile al nudo proprietario mancando la prova della circostanza che il donatario avesse goduto e conseguito il possesso dell'immobile.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza 24150/2015 (qui sotto allegata) in una controversia riguardante la divisione di una massa ereditaria.
Accolto parzialmente il ricorso, gli Ermellini contestano la decisione resa dal giudice d'Appello che aveva qualificato come domanda riconvenzionale (ritenuta inammissibile per tardività) la richiesta del donatario di dedurre dalla massa ereditaria le spese sostenute e i miglioramenti e le addizioni apportate sui beni che il de cuius gli aveva donato, in epoca successiva alla stipula degli atti di liberalità.
I giudici del Collegio ritengono che la pretesa avanzata dal donatario, di deduzione a suo favore del valore delle spese e migliorie in assunto sostenute e apportate sui beni ricevuti in donazione a seguito dell'atto di liberalità, non amplia il contenuto del giudizio e non va ricondotta dunque all struttura della domanda riconvenzionale.
Infatti, proprio nell'ambito della disciplina della collazione
è espressamente stabilito che "In tutti i casi, si deve dedurre a favore del donatario il valore delle migliorie apportate al fondo nei limiti del loro vlore al tempo dell'aperta successione". Allo stesso modo vanno computate a favore del donatario le spese straordinarie da lui sostenute per la conservazione della cosa non cagionate da sua colpa, mentre il medesimo è obbligato per i deterioramenti che, per sua colpa, hanno diminuito il valore dell'immobile.Sotto il profilo processuale il donatario che invochi la regola ex art. 748, primo comma, c.c., ha dunque l'onere di allegare il fatto a mezzo di eccezione, come avvenuto nella specie, e di provarlo, se contestato.
La regola si applica anche se il de cuius ha mantenuto l'usufrutto, poiché non esiste un divieto per il nudo proprietario di effettuare interventi sul bene, con il consenso dell'usufruttuario: tali opere non possono "giovare all'usufruttuario o ai suoi eredi", perché ad esse non corrisponde affatto un credito dell'usufruttuario nei confronti del nudo proprietario e quindi viene a mancare la giustificazione del conferimento, in sede di collazione, del valore corrispondente al bene donato comprensivo di opere realizzate dal donatario-nudo proprietario a sue spese.
La sentenza va cassata con rinvio poiché si pone una questione di prova delle opere asseritamente realizzate dal donatario sui beni che il de cuius gli aveva donato riservandosi l'usufrutto.
Cass., II sezione civile, sent. 24150/2015