di Lucia Izzo - In caso di accordi di separazione e divorzio dinnanzi al Comune, è possibile impugnare il rifiuto dell'ufficiale dello stato civile a ricevere le dichiarazioni dei coniugi, necessarie per perfezionare l'iter.
Nonostante il decreto legge 132/2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione) nulla abbia disposto a tal proposito, può applicarsi la disposizione ex art. 95 del DPR 396/2000 ed entrambi i coniugi potranno rivolgersi al Tribunale.
Lo ha stabilito il Tribunale di Milano in un recente decreto (presidente Servetti, estensore Buffone) che negli accordi di separazione o divorzio davanti al sindaco del Comune ha consentito di far riferimento all'art. 7 del DPR 396/2000 secondo cui "nel caso in cui l'ufficiale dello stato civile rifiuti l'adempimento di un atto da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto".
Nel silenzio del decreto legge 132/2014, dalla norma citata può desumersi un potere di rifiuto in capo al funzionario esercitabile in via generale: tuttavia, questo richiamo consente anche di rintracciare il contestuale regime giuridico di impugnazione applicabile anch'esso in via generale a fronte del diniego opposto.
A seguito del rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione, sarà possibile ricorrere al Tribunale ex artt. 95 e 96 Dpr n. 396/2000. Al ricorso fa seguito un procedimento in camera di consiglio, in cui dovranno essere sentiti gli interessati e il Procuratore della Repubblica, al termine del quale il collegio provvederà con decreto motivato.
Tuttavia, il Tribunale di Milano chiarisce che il rifiuto opposto dal funzionario dovrà essere impugnato da ambedue i coniugi poiché, trattandosi dello scioglimento del loro matrimonio, costoro assumono le caratteristiche di una parte plurisoggettiva a composizione necessaria.
Al contrario, se impugnasse solo uno dei due, l'acquiescenza dell'altro integrerebbe un difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p. di colui che impugna uti singuli.