Avv. Francesco Pandolfi - Un Comune annulla un permesso di costruire e, subito dopo, emette un'ordinanza con la quale ingiunge alla società titolare di demolire le opere fino a quel momento realizzate.
Parliamo di un fabbricato industriale e di una recinzione, con parte di questa (a dire del Comune) che interdice la viabilità di proprietà comunale.
Giunte le parti davanti alla magistratura per risolvere il conflitto, la ricorrente deduce l'eccesso di potere e il travisamento dei fatti nell'operazione in autotutela dell'amministrazione, considerato che la strada sulla quale convergono i dubbi del Comune non è pubblica bensì privata (neppure qualificabile come "strada vicinale ad uso pubblico"): si tratterebbe di una circostanza ben nota al Comune e, per altro, provata dal fatto che quest'ultimo non è riuscito neppure ad alienare la proprietà della striscia di terreno, non disponendo del titolo di proprietà.
Il Tar di Torino (con la sentenza n. 1055/2014) dà ragione alla società ricorrente e torto al Comune per i seguenti validi motivi.
In apparenza, dicono i magistrati, la strada dovrebbe essere comunale e ciò sarebbe dimostrato dalla sua inclusione nella "classifica" delle strade comunali stilata dal Comune anni prima, inoltre si potrebbero notare tracce della stessa in una mappa catastale della zona.
Le cose, però, non stanno cosi, tanto in fatto quanto in diritto.
Osserva il Collegio che gli elementi addotti dal Comune non sono sufficienti a dimostrare la proprietà comunale della strada, ricordando che affinché una strada possa essere qualificata "pubblica" è necessario, ai sensi dell'art. 824 c.c., che risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base ad un atto o fatto (anche l'usucapione) idoneo a trasferire il dominio.
Il fatto che la strada sia stata "iscritta" nell'elenco predisposto dall'amministrazione non dice nulla sulla "proprietà pubblica", avendo quell'iscrizione un valore meramente dichiarativo.
Non risulta neanche che la strada sia stata in altro modo destinata all'uso pubblico, cioè ad una collettività indeterminata di utenti.
In definitiva: il semplice "sospetto" da parte dell'amministrazione comunale che la società ricorrente non avesse la disponibilità giuridica della strada non avrebbe potuto giustificare l'annullamento in autotutela del permesso di costruire.
In concreto, cosa fare trovandosi in una situazione del genere e volendo prendere spunto dalla decisione analizzata?
E' semplice: agire in giudizio per tutelare l'affidamento ingenerato nell'operatore privato dal rilascio del titolo edilizio, oltre a far valere l'inesistenza di valide ragioni di interesse pubblico collegate ad un ipotetico uso pubblico della strada in questione.
Per contattare l'avv. Francesco Pandolfi
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