Avv. Francesco Pandolfi - Continuando l'esplorazione del complesso mondo del diritto delle armi e ricavando dallo studio delle sentenze i criteri utili a guidare l'interessato verso il corretto impiego degli strumenti che l'ordinamento mette a sua disposizione per la tutela giuridica nel caso vengano respinte le sue istanze, passo a commentare sinteticamente la sentenza del Consiglio di Stato n. 3282/15, con la quale la suprema magistratura conferma ancora una volta che non è giustificabile l'approssimazione amministrativa ove neghi il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale omettendo di motivare bene le ragioni del diniego.
E' questo un caso nel quale l'appello proposto dal Ministero dell'Interno si è rivelato del tutto inutile, atteso che il C.d.S. ha confermato la sentenza breve del Tar Abruzzo di annullamento del decreto prefettizio di diniego.
Ragione piena quindi, come è giusto e conforme alla logica del diritto, al titolare del porto d'arma.
In presenza di una situazione immutata negli anni, dove la correttezza di comportamento del richiedente è stata ed è rimasta esemplare e mai si è avuta la percezione di abuso dell'arma, la discrezionalità amministrativa richiede necessariamente una motivazione rinforzata.
Anzi, ad essere ancora più precisi, quella originaria carenza di motivazione nel diniego non può essere "corretta in corso d'opera" quando l'amministrazione si trova in giudizio.
In definitiva, la pronuncia del C.d.S può essere utile in casi analoghi? Certamente: il fattore da tener presente nell'affrontare la causa è la mancanza di motivazione dell'amministrazione nel negare il rinnovo.
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