Avv. Gabriele Mometti - Se il referto ospedaliero del prelievo ematico effettuato a scopi terapeutici non viene validato ad altri fini i dati nello stesso contenuti non possono essere utilizzati nel procedimento penale per il reato di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186, comma 2, lett. C, Codice della Strada. Lo ha affermato la Corte d'Appello di Venezia nella recente sentenza del 7 maggio 2015 (qui sotto allegata), in una vicenda riguardante il conducente di un'automobile che nella notte tra il 28 ed il 29 ottobre 2010, nell'affrontare una curva, aveva perso il controllo del mezzo, uscendo dal margine della carreggiata, urtando un albero e riportando gravi lesioni.
L'automobilista veniva quindi trasportato immediatamente presso il più vicino ospedale, per essere curato, e sottoposto agli accertamenti clinici di rito, tra i quali era compreso un prelievo ematico, svolto a fini terapeutici.
Il referto contenente gli esiti dell'analisi sul campione di sangue veniva richiesto ed acquisito dalla Polizia Giudiziaria, per verificare il tasso di alcolemia, risultato pari a 2,07 g/l.
Sulla base di tale accertamento il soggetto veniva denunciato per il reato di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186, comma 2, lett. C, D.Lvo 285 del 1992, aggravato dall'ora notturna (comma 2 sexies) e dall'aver cagionato un incidente stradale (comma 2 bis) e, tratto a processo, veniva condannato in primo grado alla pena di mesi 8 di arresto ed € 2.800,00 di ammenda).
La pronuncia di condanna in primo grado si fondava esclusivamente sui risultati del suddescritto accertamento, nonostante il referto in parola recasse l'indicazione "provvisorio da validare", e sebbene nessuna procedura di validazione risultasse poi essere stata effettivamente posta in essere.
Nel caso di specie non erano stati rispettati i precisi requisiti formali della procedura di acquisizione di accertamenti urgenti, quali il rilevamento del tasso alcolemico, anche ai sensi degli artt. 348 e 354 c.p.p..
In particolare, il contenuto del referto era finalizzato alla gestione clinica del paziente e non era stato espressamente validato per altri utilizzi, in assenza di catena di custodia o di altri meccanismi di tutela del campione ematico.
Il mancato rispetto della procedura, si traduceva in assenza di garanzie di genuinità del campione e, pertanto, nell'assoluta inattendibilità del relativo risultato d'analisi.
Correttamente, quindi, la Corte d'Appello di Venezia, attesa la provvisorietà dei risultati e la mancanza della necessaria procedura di validazione, riteneva che non fosse possibile attribuire certezza al risultato delle analisi e, pertanto, al giudizio di responsabilità.
Per tale ragione, la Corte d'Appello, Terza Sezione Penale, con sentenza del 27 aprile 2015, depositata in data 7 maggio 2015, riformando la sentenza di condanna inflitta in primo grado dal Tribunale Ordinario di Treviso, assolveva l'imputato dal reato di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186, comma 2, lett. C, d.lgs. n. 285 del 1992, aggravato dall'ora notturna (comma 2 sexies) e dall'aver cagionato un incidente stradale (comma 2 bis), con la formula più ampia, ossia "perché il fatto non sussiste".
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