di Marina Crisafi - Chi investe un pedone si presume responsabile dell'incidente al 100%, a meno che non riesca a provare che la vittima abbia avuto la sua parte di responsabilità.
Lo ha ribadito la quarta sezione della Corte d'Appello di Roma, nella recente sentenza n. 3883/2015 (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di un trentacinquenne - che, in seguito a un sinistro stradale, aveva riportato un'invalidità del 65% - e raddoppiando il risarcimento a carico del Fondo delle vittime della strada.
Dissentendo dal giudice di primo grado che aveva presunto un concorso di colpa dell'investito, la corte ha precisato che al caso di specie non andava applicato il secondo comma dell'art. 2054 c.c., che postula uno scontro tra veicoli, bensì il primo comma della disposizione, che obbliga il conducente a risarcire l'intero danno prodotto, salvo che non riesca a vincere la presunzione di colpa, dimostrando che "il pedone, violando le regole del codice della strada, si sia portato imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria di marcia del veicolo investitore".
E secondo la dinamica, ricostruita grazie ai testimoni presenti sul luogo del sinistro ed alle tracce della frenata dell'auto, che vedeva il pedone, uscito da un bar forse un po' alticcio, letteralmente sbalzato da un'auto che marciava ad alta velocità, mentre camminava sul ciglio della strada, tale prova non era stata raggiunta.
Perciò, richiamando anche la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 24472/2014), il giudice d'appello ha ribadito che laddove la dinamica del sinistro non possa essere ricostruita con esattezza, l'assenza di prove "non può che condurre all'affermazione della colpa presunta del conducente, ai sensi dell'art. 2054 c.c., comma 1", sul quale grava l'onere di dimostrare "che la condotta del pedone è stata colposa ed ha avuto efficacia causale assorbente o concorrente nella produzione dell'evento".
Prova che, nella vicenda, non può ricavarsi per presunzioni, a detta della corte, ossia dalla mera circostanza che "il pedone percorresse la carreggiata in stato di ebbrezza alcoolica e volgendo le spalle al flusso veicolare, in quanto di per sé insufficienti a dimostrare in modo univoco e concordante il comportamento imprevedibile dello stesso che consente di escludere, o quantomeno di ridurre le responsabilità del conducente".
Da qui l'accoglimento dell'appello e la condanna a carico del fondo di garanzia a pagare all'uomo, quasi 541mila euro a titolo di risarcimento danni, oltre a lucro cessante, interessi e spese di giudizio.
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Corte d'Appello Roma, sentenza n. 3883/2015