di Marina Crisafi - In caso di separazione, la casa costruita da marito e moglie, in regime di comunione dei beni, è di proprietà del coniuge che possiede il terreno. All'altro rimane solo il diritto di essere ristorato per le spese sostenute per i lavori di edificazione, sempre che fornisca adeguata dimostrazione. Lo ha stabilito il Tribunale di Frosinone, con la recente sentenza n. 520/2015 (qui sotto allegata), pronunciandosi su una vicenda relativa alle sorti di un immobile edificato, in costanza di matrimonio e in regime di comunione legale, da una coppia successivamente separatasi.
Il marito, lasciata la casa coniugale, aveva trascinato in giudizio l'ex moglie per chiedere il rimborso del 50% dei costi sostenuti, quale contributo personale, alla costruzione dell'immobile. La donna, in verità, non si opponeva al rimborso, ma ne contestava il quantum, ritenendo eccessiva la somma quantificata in oltre 210mila euro (della quale l'uomo chiedeva la metà), dalla quale andava comunque detratta la cifra di circa 77mila euro, in quanto la casa era di sua esclusiva proprietà, giacché ricevuta per successione e donazione, parimenti al terreno sul quale la stessa era stata realizzata, offrendo invece all'ex, a titolo di definizione bonaria, 50mila euro.
Per il Tribunale, sulla proprietà dell'immobile non ci sono dubbi. Il principio generale dell'accessione posto dall'art. 934 c.c. in base al quale "il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell'incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata e la cui operatività può essere derogata soltanto da una specifica pattuizione tra le parti o da una altrettanto specifica disposizione di legge - ha affermato infatti il giudice laziale - non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l'acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un'apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l'art. 177, comma 1, c.c. hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale". Ne deriva che, come da giurisprudenza consolidata di elgittimità (cfr. Cass. n. 16670/2013), "la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all'onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell'onere della prova d'aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell'altro coniuge le somme spese a tal fine".
Per cui, rilevato che secondo la CTU, le spese per la casa ammontavano in realtà a poco più di 105mila euro (e non a 210mila), all'uomo spettano quasi 53mila euro, ossia esattamente il 50% richiesto.
Tribunale Frosinone, sentenza n. 520/2015