di Valeria Zeppilli - È di qualche giorno fa la notizia che il Tribunale di Milano ha ordinato a uno dei principali fornitori di connessione internet di oscurare Rojadirecta.
Si tratta di un importante colpo inferto alla pirateria digitale, dato che proprio questo sito era uno dei principali attraverso il quale accedere alle partite di calcio italiano in streaming, non pagando, quindi, i relativi costi di visione.
Il dibattito sulla legalità dello streaming, in realtà mai sopitosi, è così tornato per qualche giorno in primo piano.
Se alcuni di voi penseranno che l'illegalità di una simile prassi sia scontata, in realtà la faccenda non è sempre stata chiara.
Qualche anno fa, infatti, una discussa sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea ha dato ragione al gestore di un pub inglese che trasmetteva le partite della premier league tramite un decoder greco, "bypassando" i limiti dell'assegnazione dei diritti sportivi, che è relegata entro confini nazionali.
Infatti, secondo quanto affermato dai giudici, vietare ai cittadini di utilizzare una scheda di altri paesi per vedere le partite di calcio risparmiando sarebbe contrario alla concorrenza dell'Unione e alla libera prestazione di servizi.
A seguito di questa pronuncia, quindi, era circolata in rete la convinzione della liceità dei link a siti esteri che trasmettono un evento che, sulla base del diritto nazionale, sarebbe sottoposto a diritto di esclusiva.
Ma i giudici, sia nazionali che comunitari, non hanno esitato a fare maggiore chiarezza e a ribadire l'illegittimità dello streaming.
Trasmettere, scaricare e diffondere senza autorizzazione contenuti coperti dal diritto di autore o dal diritto di esclusiva costituisce ormai pacificamente un comportamento illecito e sanzionabile.
Che dire invece del limitarsi a guardare un film o una partita in streaming?
Si tratta di una zona grigia del nostro ordinamento, come di quasi tutti gli ordinamenti dell'Unione Europea.
Il legislatore, infatti, non è riuscito a stare al passo con i tempi né a dare adeguata risposta a questi nuovi problemi che l'era digitale porta con sé.
Con la conseguenza che, sebbene il fenomeno della pirateria possa essere in qualche modo combattuto all'origine, le armi per ostacolarne la proliferazione non sono "affilate".
Ciò che è certo è che tale comportamento non può essere considerato reato nel nostro ordinamento.
Così come in tutti gli ordinamenti dell'Unione Europea, nei quali, semmai, si arriva a sfiorare solo la soglia dell'illiceità amministrativa.
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