di Marina Crisafi - Quando il figlio si sposa, il genitore non ha più l'obbligo di mantenerlo e al contempo può riprendersi la casa assegnata all'ex coniuge. Lo ha affermato il tribunale di Perugia nella recente sentenza del 27 luglio 2015 (qui sotto allegata), ribadendo i principi consolidati in giurisprudenza nel concludere una causa di divorzio, proseguita per gli aspetti economici. Il marito e padre, infatti, chiedeva la revoca dell'obbligo di mantenimento, disposto in sede di separazione, di euro 250 mensili nei confronti della figlia, in quanto la stessa si era ormai sposata. La moglie invece sosteneva che la ragazza aveva un reddito minimo che non le permetteva di essere autosufficiente in quanto derivante da un lavoro part-time e a termine, e chiedeva altresì la conferma dell'assegnazione della casa familiare disposta dal giudice della separazione.
Ma per il giudice perugino, è il marito/padre a prendere, come dire "due piccioni con una fava".
Il tribunale, infatti, richiamando la giurisprudenza in materia, ricorda che un figlio ha diritto ad essere mantenuto dai genitori anche successivamente al raggiungimento della maggiore età e finché non diventa economicamente autonomo. Nell'ipotesi di contestazioni, inoltre, è il genitore interessato a far dichiarare la cessazione dell'obbligo a dover provare che lo stesso abbia raggiunto l'indipendenza ovvero "è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua (discutibile) scelta" (Cass. n. 1773/2012). Quando però, il figlio maggiorenne che beneficia dell'assegno si sposa, le nozze determinano l'automatica cessazione dell'obbligo, in quanto lo stesso con il matrimonio
"dà vita a un nuovo organismo familiare distinto e autonomo, nell'ambito del quale i coniugi sono, tra l'altro, legati dall'obbligo alla reciproca assistenza morale e materiale". Tale cessazione automatica può venir meno in alcuni casi, come sentenziato dalla giurisprudenza di legittimità, ad esempio, nei confronti di una figlia studentessa universitaria che si era sposata giovanissima insieme a un ragazzo altrettanto giovane (cfr. Cass. n. 1830/2011).Ma tale situazione non riguardo il caso in esame, giacché la figlia era ormai 35enne e svolgeva attività lavorative da anni, le quali, pur se non stabili e durature, erano indice di "sicure potenzialità reddituali" da parte della stessa. Ragion per cui, il matrimonio e la formazione della nuova famiglia giustificano la fine dell'assegno in favore della stessa.
Quanto alla casa coniugale, infine, essendo l'assegnazione strumentale all'interesse morale e materiale della prole convivente, l'ex, venuta meno la coabitazione con la figlia, può benissimo dirvi addio.
Tribunale Perugia, sentenza 27 luglio 2015