di Lucia Izzo - La circostanza che gli episodi di "stalking" si siano svolti in luoghi ricreativi, di "svago", non esclude la compromissione della sfera privata, poiché il comportamento molesto più trovare attuazione anche in tali luoghi e, comunque, la presenza di un perdurante e grave stato di ansia o paura non esclude che la vittima possa continuare a frequentare locali pubblici.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 48332/2015 (qui sotto allegata) con cui ha rigettato il ricorso di un uomo condannato per i reati di atti persecutori, di cui all'art. 612-bis c.p., lesioni e violenza privata a danno della donna con cui aveva intrattenuto una breve relazione sentimentale.
Non rassegnatosi alla fine della "storia" decisa dalla donna, l'imputato aveva posto in essere plurimi episodi criminosi, in un arco temporale significativo, attraverso minacce, invio di messaggi oltraggiosi sul cellulare della vittima, scritti sulla chat, lesioni, molestie al citofono.
Il ricorrente, tuttavia, contesta che le condotte sono avvenute in circostanze di tempo e luogo tali da escludere anche una minima compromissione della sfera privata: si sarebbe trattato, infatti, di incontri in luoghi di svago quali bar, discoteche e stabilimenti balneari, che per la loro natura ricreativa avrebbero escluso alcuno degli eventi richiesti dall'art. 612-bis c.p.
La ricostruzione non convince gli Ermellini che chiariscono che gli atti e i comportamenti reiterati dell'imputato, volti a minacciare e molestare la persona offesa, rientrano nel reato di "stalking" tenuto conto dell'abitualità della condotta e della produzione nella donna di un perdurante e grave stato di ansia o di paura.
Secondo i principi giurisprudenziali della Corte, il delitto di cui all'art. 612-bis c.p. è integrato anche da sole due condotte di minaccia o molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.
La circostanza relativa ai luoghi di "svago" è priva di pregio perché anche in tali luoghi possono attuarsi comportamenti molesti e la vittima, indipendentemente dallo stato di ansia o paura, può continuare a frequentare locali pubblici.
Il ricorso è pertanto inammissibile.
Cass., V sez. penale, sent. 48332/2015