di Marina Crisafi - È dovuto l'assegno all'ex marito disoccupato che aiutava la moglie nel suo negozio. Anche se manca la prova di una collaborazione a tempo pieno, il fatto che lui dopo la separazione non sia ancora riuscito a ricollocarsi nel mondo del lavoro, fa scattare l'obbligo nei confronti della donna. Lo ha stabilito il Tribunale di Ivrea, con la recente sentenza n. 10/2015, accogliendo la domanda di un uomo che chiedeva il mantenimento all'ex moglie.
Pur non dando corso alle richieste reciproche di addebito da parte dei due ormai ex coniugi, in mancanza di prove determinanti, il giudice piemontese ha ritenuto meritevole di accoglimento l'istanza formulata dal marito sull'onere del mantenimento.
Lo stesso infatti dopo essersi occupato durante il matrimonio del negozio di alimentari della moglie, aiutandola nella gestione, si ritrovava senza lavoro e da allora non era riuscito a trovare altre attività.
Anche se non c'è la prova di una collaborazione continuativa e a tempo pieno, per il tribunale rimane il dato di fatto che il marito ha fornito il proprio apporto lavorativo, coadiuvando la moglie nella gestione del negozio e partecipando ai proventi derivanti dall'attività commerciale.
Per cui, in conformità a quanto disposto dall'art. 156 c.c., data l'attuale mancanza di reddito, consegue il diritto dello stesso di ricevere quanto necessario per il suo mantenimento.
Certo è però che il coniuge è giovane ed ha capacità lavorativa, sia specifica, maturata nelle precedenti occupazioni, sia generica, acquisita nel corso della gestione del negozio ed è dunque "potenzialmente idoneo ad affacciarsi al mondo lavorativo". In definitiva, pertanto, se appare adeguato determinare a carico della moglie l'obbligo di contribuire al mantenimento, lo stesso va fissato in una somma modesta, pari a 100 euro al mese.