di Valeria Zeppilli - Con la sentenza numero 24859/2015, depositata il 9 dicembre (qui sotto allegata), la Corte di Cassazione, annullando con rinvio una sentenza della corte d'appello di Potenza, si è pronunciata sugli incarichi professionali relativi alla difesa in giudizio delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, con tale pronuncia, i giudici hanno affermato che in simili ipotesi la forma scritta ad substantiam, necessaria per la rappresentanza dell'ente in giudizio, può dirsi integrata anche con il semplice rilascio della procura ai sensi dell'articolo 83 del codice di rito civile.
Insomma non c'è bisogno di un formale contratto di patrocinio: la sola procura è sufficiente a far scattare il diritto dell'avvocato al compenso per le attività svolte.
Del resto, l'esercizio della rappresentanza giudiziale, attraverso la redazione e la sottoscrizione dell'atto difensivo, permette l'incontro della volontà delle parti e realizza, così, l'accordo contrattuale.
Certamente è innegabile che il negozio unilaterale mediante il quale viene conferita la rappresentanza in giudizio si differenzia dal negozio bilaterale di patrocinio.
Allo stesso modo, però, non può essere negato neanche che se il legale dimostra di accettare la procura scritta esercitando il potere rappresentativo e sottoscrivendo gli atti difensivi, il contratto di patrocinio può ritenersi comunque concluso.
Di esso, infatti, sussistono tutti i requisiti: vi sono sia l'incontro della volontà delle parti, che la funzione economico-sociale, che l'oggetto e la forma.
Ciò posto, in assenza di una determinazione circa il compenso, può farsi legittimamente riferimento alle vigenti tariffe professionali, la cui applicabilità è sufficiente a escludere l'incertezza circa la controprestazione dovuta dall'amministrazione patrocinata.
Sulla base di tutti tali presupposti non può che essere accolto il ricorso presentato da un avvocato avverso la sentenza con la quale era stato negato il suo diritto al compenso nei confronti di una pubblica amministrazione, ritenendo che l'incarico relativo (effettivamente esercitato sulla base di una procura alle liti) non era stato assunto nella forma richiesta.
La parola, ora, torna alla Corte d'Appello che dovrà pronunciarsi in diversa composizione.
Corte di cassazione testo sentenza numero 24859/2015