di Valeria Zeppilli - La pensione di reversibilità, si sa, è un beneficio concesso dagli enti previdenziali ai familiari superstiti di un lavoratore deceduto per tutelarli dalle conseguenze pregiudizievoli che possono derivare da un evento già di per sé molto doloroso.
Dello strumento, tuttavia, non può abusarsi.
A ricordarlo, recentemente, è stata la Corte di cassazione che, con la sentenza numero 24735/2015, depositata il 4 dicembre (qui sotto allegata), ha negato che di tale beneficio possa godere il figlio di un avvocato deceduto, iscritto all'università ma "fuori corso".
I giudici, in particolare, hanno ricordato che per fruire della pensione di reversibilità a carico della Cassa di previdenza e assistenza forense, i figli superstiti, maggiorenni ma di età inferiore a 26 anni, devono laurearsi entro la sessione estiva.
Proprio quest'ultima, infatti, è collocata al termine dei corsi di insegnamento e consente il conseguimento del titolo nel periodo cosiddetto "in corso".
Spirato tale termine, gli studenti superstiti non avranno più diritto al beneficio.
Del resto, ricorda la Cassazione, la ratio della norma che limita il diritto alla fruizione del trattamento alla durata minima legale del corso di laurea va rinvenuta nella volontà di circoscrivere la stessa al periodo di impedimento oggettivo che l'impegno universitario determina con riferimento al reperimento di proprie fonti di reddito.
Solo tale motivazione, infatti, permette di giustificare la fruibilità del beneficio oltre il compimento della maggiore età.
Niente da fare, quindi, per il giovane, laureatosi ad ottobre: il diritto vantato alla pensione di reversibilità deve ritenersi insussistente.
Corte di cassazione testo sentenza numero 24735/2015