di Lucia Izzo - Ai fini della responsabilità ex art. 1669 c.c., costituiscono gravi difetti dell'edificio non solo quelli incidenti sulla struttura e sulla funzionalità dell'opus, ma anche quelli costruttivi che menomano apprezzabilmente il normale godimento della cosa e impediscono che questa fornisca l'utilità cui è destinata.
Tanto emerge dalla recente sentenza n. 2381/2015 pronunciata dalla Corte d'Appello di Milano (qui sotto allegata), che ha condannato i soci della società appaltante (ormai estinta) a seguito dell'azione ex art. 1669 c.c. promossa dai proprietari di un immobile nel quale erano insorti di problemi di umidità.
Un'espletata CTU aveva ritenuto che il lavoro era stato realizzato, soprattutto in riferimento alla protezione delle parti strutturali portanti, in modo scorretto; la ventilazione del vespaio e il numero delle condotte era insufficiente per una corretta ventilazione; lo stato dei luoghi era in lento progressivo peggioramento.
Secondo gli appellanti tali difetti non pregiudicavano la funzionalità dell'immobile e, pertanto, non potevano rientrare nel dettato dell'art. 1669 c.c..
Gli appellati, invece, rimarcavano la circostanza che i locali erano insalubri perché altamente umidi e ciò menomava la loro abitabilità. Aggiungevano che i vizi riscontrati dal CTU caratterizzavano la cattiva esecuzione dell'opera e che, pertanto, andavano riferiti esclusivamente all'appaltatore che non aveva agito secondo le regole dell'arte.
Il Collegio milanese chiarisce rientra nei "gravi difetti" la carenza dell'opera, anche se incidente su una singola unità abitativa, "che pregiudica o menoma in modo grave il normale godimento e/o funzionalità e/o l'abitabilità della medesima allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d'arte e anche se incidenti su elementi secondari e accessori dell'opera, purché tali da compromettere la funzionalità e l'abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovazione e sostituzione".
Per la Corte, i difetti denunciati e accertati dal CTU, devono considerarsi gravi comportando diffuse formazioni di muffe (su pareti e su pavimento), distacchi di intonaci esterni, distacco di stabilitura, tanto da incidere in modo considerevole sulla funzionalità dell'opera, menomandone il godimento e la salubrità anche in relazione alla destinazione dei locali a uso abitativo.
Per liberarsi dalla presunzione di responsabilità su di essi gravante, gli appaltatori avrebbero dovuto fornire una positiva dimostrazione della mancanza di responsabilità attraverso l'allegazione di fatti positivi, precisi e concordanti e non opporre, come invece avvenuto, generiche contestazioni.
Non accoglibile neppure l'eccezione di decadenza e di prescrizione dell'azione da parte degli originari attori: gli appellanti sostengono (a differenza della sentenza impugnata) l'inefficacia e l'invalidità delle denunzie promosse dall'Amministratore del condominio.
Il collegio chiarisce che, "poiché la legge non dice nulla in merito alla forma della denuncia, secondo la giurisprudenza non è necessaria una denuncia specifica ed analitica delle difformità e dei vizi dell'opera, che consenta di individuare ogni anomalia di questa, essendo sufficiente ad impedire la decadenza del committente (o dei suoi aventi causa) dalla garanzia cui è tenuto l'appaltatore una indicazione pure sintetica", quindi anche la comunicazione orale dei difetti come avvenuto nel caso di specie, sufficiente a portare a conoscenza dell'altra parte la sussistenza dei difetti lamentati.
Corte d'Appello Milano, sent. 2381/2015