Solo in tale ipotesi, infatti, può eventualmente reputarsi che egli abbia agito con mala fede o colpa grave.
Il coniuge che ha richiesto l'addebito, invece, non può essere condannato per lite temeraria, anche se la sua domanda sia poi risultata infondata, se non è rimasto soccombente in primo grado rispetto a tutte le domande che l'altro coniuge abbia proposto.
Nel caso di specie, il Tribunale di primo grado aveva dichiarato la separazione personale tra i coniugi addebitandola al marito, ma non solo.
Nel disporre il mantenimento della moglie aveva notevolmente ridotto le pretese economiche vantate dalla donna.
Quindi, anche se l'uomo ha proposto una domanda di addebito della separazione nei confronti della moglie risultata poi infondata, egli non è rimasto integralmente soccombente rispetto alle pretese della ex coniuge.
Proprio in considerazione di ciò, non sarebbe pertanto corretto condannarlo per lite temeraria.
Oltretutto, la domanda di addebito proposta dal marito non ha prodotto alla ex moglie danni significativi, anche in ragione del fatto che le prove dedotte a suo sostegno non sono neanche state ammesse.
La donna deve quindi rassegnarsi: nessuna condanna ex art. 96 c.p.c. graverà sul marito.