di Lucia Izzo - L'importo riconosciuto in sede di separazione può rappresentare un valido riferimento per la determinazione dell'ammontare dell'assegno divorzile.
Lo ha deciso il Tribunale di Milano, nona sezione civile, nella sentenza n. 4737/2015 che, nel pronunciarsi sul divorzio di una coppia, ha stabilito che la misura dell'assegno divorzile versato dall'ex marito nei confronti della consorte dovesse essere analoga a quella del mantenimento, alla luce delle necessarie rivalutazioni.
Il giudice ha premesso "la diversa natura dell'assegno di divorzio, rispetto a quello di mantenimento fissato in regime di separazione, sia per la funzione perseguita dal primo, sia per i criteri che devono presiedere alla sua liquidazione ai sensi dell'art. 5 della L. 1 dicembre 1970 n. 898"; tuttavia, aggiunge il Tribunale, tale diversa natura non esclude "che il secondo di detti assegni, anche se determinato in sede di separazione consensuale, fornisca utili elementi per valutare le condizioni dei coniugi e l'entità dei loro redditi, con la conseguenza che una quantificazione dell'assegno di divorzio in misura inferiore non può prescindere dal riscontro di un sopravvenuto deterioramento della posizione del coniuge obbligato, ovvero di un miglioramento di quella dell'avente diritto".
Nel caso di specie, il marito ha richiesto che l'importo di 14.266 euro mensili determinato in precedenza venisse ridotto ad una cifra di 10.500 euro, considerata idonea a consentire alla ex il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
La richiesta sarebbe stata giustificata da un deterioramento delle sue capacità economiche a causa di ingenti spese sostenute per esigenze mediche, dal non ricoprire più il ruolo di amministratore delegato di una società e dal fatto che l'ex moglie avesse intrapreso una convivenza.
I giudici evidenziano che per costante orientamento della Supema Corte "l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati a un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto".
A tal fine "il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi".
Nel caso in esame, essendo l'ex moglie è una donna di cinquantotto anni, priva di occupazione e con aspettative di inserimento professionale molto scarse, nessun altro modo potrebbe garantirle il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Siccome nessuna prova dimostra la presunta convivenza né tanto meno l'inferiorità dei redditi del marito rispetto al passato, l'ammontare dell'assegno divorzile resta identico a quello di mantenimento non essendosi modificate le condizioni reddituali di entrambi alla data di separazione.