di Marina Crisafi - Anche il godimento della casa familiare, ha un prezzo, e di questo deve tenerne conto il giudice nel determinare la misura dell'assegno di mantenimento a carico di uno dei coniugi e a favore dell'ex o dei figli. A ricordarlo è la sesta sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 25420/2015 depositata il 17 dicembre scorso (qui sotto allegata), accogliendo, in parte, le ragioni di un'ex moglie e madre avverso la sentenza della corte d'appello di Salerno che rigettando le reciproche richieste di addebito della separazione, liquidava in misura abnorme le spese processuali, e per di più fissava l'assegno di mantenimento per lei e per la minore omettendo totalmente di valutare il valore economico della casa coniugale.
In particolare, la donna si doleva della misura del contributo di mantenimento del coniuge, essendo affidataria prevalente della minore, non occupata e non occupante la casa coniugale, in quanto rimasta nella disponibilità dell'ex marito.
Per il Palazzaccio (pur confermando la decisione di merito sull'esclusione degli addebiti), sul punto la donna ha ragione.
In tema di separazione personale dei coniugi, ha affermato infatti la S.C., "il godimento della casa familiare costituisce un valore economico - corrispondente, di regola, al canone ricavabile dalla locazione dell'immobile - del quale il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell'assegno dovuto all'altro coniuge per il suo mantenimento o per quello dei figli".
Per cui, la sentenza va cassata e la parola passa al giudice del rinvio.
Cassazione, ordinanza n. 25420/2015