di Lucia Izzo - Va condannato per esercizio abusivo di una professione chi, sine titulo, pratica massaggi non a scopo meramente distensivo, ma con finalità terapeutiche destinate a dare sollievo a patologie vere e proprie.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 50063/2015 (qui sotto allegata) che ha rigettato il ricorso di un uomo contro la sentenza della Corte d'appello che aveva confermato le statuizioni civili in ordine al reato previsto dall'art. 348 c.p., per aver esercitato abusivamente la professione di massofisioterapista della riabilitazione e di massaggiatore.
Il ricorrente contesta che tali indicate professioni siano da lui state svolte, essendo persona non vedente e non in grado di svolgere attività riservate alla professione di fisioterapista o addirittura di medico, ad esempio l'esame di radiografie.
Inoltre, sostiene la difesa, il semplice massaggio non può essere ritenuto propriamente una cura dei dolori riservata ad una professione per la quale sia richiesta una particolare abilitazione dello stato.
Gli Ermellini, di contrario avviso, chiariscono che la pronuncia di condanna fa chiaro riferimento all'effettuazione di massaggi a pagamento, su richiesta di persone che prospettavano problemi inerenti a dolori o a patologie varie.
Ciò è dimostrato dalle rilevanti deposizioni dei testimoni che avevano ricevuto prestazioni dall'imputato, riferendo che quest'ultimo aveva effettuato, nei loro confronti, dei massaggi in relazione a precise patologie che gli erano state rappresentate (ernia del disco, dolori cervicali e al braccio, mal di schiena, sinusite).
L'assunto è ulteriormente confermato dall'esame delle fatture, di provenienza dell'imputato, dalle quali si desume che i massaggi erano destinati a dare sollievo a patologie vere e proprie quali distorsioni o sciato-lombalgie.
Si trattava dunque di "massaggi richiedenti adeguate conoscenze tecniche e la cui effettuazione è riservata ai titolari di specifica abilitazione per la delicatezza della funzione e l'idoneità ad incidere sulla salute delle persone".
Tale finalità terapeutica distingue questo tipo di funzioni dall'attività liberamente esercitabile da chiunque a scopo meramente distensivo.
Ricorso rigettato e condanna del ricorrente alle spese processuali.
Cass., VI sez. penale, sent. 50063/2015