Avv. Francesco Pandolfi - La Corte Costituzionale, come noto, circa un anno fa ha già detto sì al risarcimento dei danni per i crimini di guerra e contro l'umanità, riconoscendo in ogni caso il diritto ad avere un giudice davanti al quale porre la domanda; ora il Tribunale di Piacenza con la sentenza non definitiva n. 722/2015 assesta un altro colpo in materia di immunità per crimini di guerra e di danno alle persone da essi derivato.
I titolari o legittimati all'azione sono tutti quei cittadini (o loro eredi), catturati nel territorio italiano da militari tedeschi e deportati in Germania per essere adibiti a lavori forzati.
Nella vicenda processuale presa a spunto per il commento, la domanda viene introdotta nelle forme dell'art. 702 c.p.c. contro la Repubblica Federale della Germania, affinché venga condannata al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti a seguito della cattura, nel settembre 1943, e della detenzione presso il campo di concentramento di Nordausen con sottoposizione ad estenuanti lavori forzati.
Come è facile intuire, le questioni preliminari nel giudizio sono state diverse e assai articolate, tutte risolte in senso favorevole alle attrici, eredi dell'iniziale attore nelle more deceduto.
In particolare, la questione della immunità reclamata da parte della Germania è stata seccamente bollata dal Tribunale con un motivato no: il riconoscimento di questa immunità si porrebbe infatti in contrasto con i principi fondamentali della dignità umana e del diritto alla tutela giurisdizionale ex artt. 2 e 24 Cost.
Al tribunale è parso assai singolare l'atteggiamento ostruzionistico (attuale) della Germania, tendente a negare il ristoro dei danni inferti alle incolpevoli vittime sul presupposto che coloro che subirono violenza non fossero, all'epoca, titolari di diritti.
Il diritto a rivendicare questo tipo di danno non è soggetto a prescrizione: il credito risarcitorio derivante da crimini di guerra è imprescrittibile.
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