Previsto dalla direttiva comunitaria Brrd - Bank Recovery and Resolution Directive, il nuovo meccanismo prevede che il salvataggio degli istituti di credito, d'ora in poi, potrà avvenire solo mediante l'utilizzo di strumenti interni.
Il che significa: niente più salvataggi da parte dello Stato.
Della novità, in Italia, si è avuto un anticipo degli effetti già lo scorso novembre, con il noto salvataggio di quattro banche regionali attraverso il meccanismo del cd. "burden sharing".
La Banca d'Italia, infatti, aveva reso noto nel proprio vademecum in materia di salvataggi bancari che, nonostante non fosse ancora giunta l'ora del bail in, già dal 2015 era applicabile la svalutazione o la conversione delle azioni e dei crediti subordinati, fra cui gli strumenti di capitale, se necessario per evitare un dissesto.
Oggi, però, l'ora del bail-in è giunta...e quella che ad alcuni poteva sembrare solo un'eccezione, da quest'anno diventerà una vera e propria prassi.
Come funziona il bail-in?
Cerchiamo quindi di capire cosa comporterà il bail-in.
Esso, in sostanza, impedisce che gli istituti di credito possano essere salvati dagli Stati.
Nel caso in cui le banche siano in difficoltà economica, quindi, a dover porre rimedio alle perdite sono innanzitutto gli azionisti, seguiti, nell'ordine, dai titolari di azioni e altri strumenti finanziari di capitale, dai possessori di titoli subordinati di garanzia e dai titolari di crediti non garantiti.
Se nonostante l'"aiuto" di queste categorie di soggetti le banche continuassero ad essere in difficoltà, a farsi carico delle perdite saranno anche coloro che abbiano un deposito superiore a centomila euro, per la parte eccedente tale somma.
La garanzia, si badi bene, non riguarda il conto ma ogni singolo depositante, con la conseguenza che i conti correnti cointestati a due soggetti potranno essere aggrediti solo se il deposito è superiore a duecentomila euro.
Sotto a tali soglie opera il Fondo di garanzia dei depositi.
Si salveranno sempre, invece, le obbligazioni emesse dalla banca ma garantite (come i covered bond) e i debiti nei confronti di fornitori, dipendenti, fisco ed enti previdenziali se privilegiati dalla normativa fallimentare.
Nessun problema neanche per le cassette di sicurezza né per i titoli non emessi dalla banca anche se detenuti nel deposito titoli: con riferimento a tali categorie di beni, infatti, l'istituto di credito fa solo da custode.
Lo stato delle banche italiane
Con l'avvento di tale rivoluzione è quindi fondamentale tentare di capire come si presentano dinanzi ad essa le banche italiane.
Come emerge dal quadro disegnato dalla società di consulenza Prometeia, i 13 principali gruppi italiani posti sotto il controllo della BCE hanno un capitale sufficiente a ripianare le perdite medie delle banche europee che hanno subito una procedura di salvataggio, ovverosia pari al 3%.
Infatti, il loro passivo è nel complesso formato da 126 miliardi di capitale common equity tier 1, 60 miliardi di obbligazioni additional tier 1, 555 miliardi di obbligazioni senior e 328 miliardi di euro depositati sopra i 100 mila euro.
Dalla simulazione fatta da Prometeia, insomma, il sistema bancario italiano sembra nel suo complesso abbastanza solido: gli obbligazionisti, infatti, registrerebbero una perdita secca in conto capitale solo con una perdita pari all'8% degli attivi.
In ogni caso, è in arrivo una lunga serie di prove, verifiche e ispezioni volta a rendere il sistema bancario più forte, che metterà a dura prova gli istituti di credito.
Consigli per i risparmiatori
Da quanto visto, emerge chiaramente che quella entrata in vigore con il nuovo anno è una novità che influirà non poco nel sistema bancario: il costo delle crisi finanziarie non graverà più sugli Stati e per i risparmiatori diverrà fondamentale avere una corretta percezione dei rischi.
A tal proposito, il consiglio generale è di investire i propri risparmi su più emittenti e non su di uno solo, benché apparentemente solido.
Le nuove regole, però, rendono necessaria una valutazione più approfondita di questa.
La cosa fondamentale da fare, quindi, sarà quella di verificare la concreta solidità del proprio istituto di credito.
Per farlo, l'indice principale da guardare è il Common equity tier 1, che fotografa il rapporto tra il capitale di qualità primaria e gli attivi ponderati per il rischio.
Con la speranza che il suo valore sia elevato.
Il secondo elemento al quale gettare uno sguardo attento è il rapporto tra il Common equity tier 1 e la richiesta minima di Cet 1 pretesa dalla BCE: anche in tal caso, più il valore è elevato, più si può stare sicuri.
Occhi bene aperti, insomma: il bail in è arrivato e la piena consapevolezza non può più mancare.
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