I timori, in particolare, derivavano dalla dubbiosa configurazione di tale attività e dalla mancata tracciabilità degli animali.
Spesso, infatti, veri e propri traffici commerciali venivano spacciati per pratiche di adozione, con notevoli rischi per tutti gli animali, compresi i cuccioli di cani e di gatti.
Dinanzi alla diffusione di tale fenomeno, anche le intense attività svolte per la tutela degli amici a quattro zampe dalle associazioni animaliste non riuscivano a controllarne gli effetti.
Recentemente, però, la Corte di giustizia europea (causa C-301/14) è intervenuta a fare chiarezza, con una sentenza che ha raccolto molte approvazioni: la movimentazione di animali oltre i confini nazionali a fini di adozione deve essere considerata una forma di movimentazione commerciale.
Anche se non genera profitto.
La conseguenza fondamentale di tale orientamento, quindi, è che il traffico dei cuccioli deve essere registrato tramite il sistema commerciale Traces e deve svolgersi in maniera conforme ai requisiti del Regolamento Trasporto Animali.
La speranza, in ogni caso, è che ora la sentenza venga massimamente diffusa e magari che anche a livello normativo si faccia maggiore chiarezza.