di Lucia Izzo - L'interpretazione del regolamento contrattuale di condominio si traduce in un apprezzamento di fatto ed è quindi insuscettibile di censure in sede di legittimità salvo che per violazione dei canoni ermeneutici o per vizi di motivazione.
Pertanto, vale l'opzione esegetica prescelta dal giudice di merito se sorretta da idonea e logica motivazione.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 138/2016 (qui sotto allegata) depositata l'8 gennaio 2016.
Il corridoio posto al sesto piano del condominio è in comproprietà: l'inquilina deve quindi rilasciare tale bene ed è condannata anche alla rimessione in pristino.
A nulla vale per la donna, che ricorre in Cassazione, sostenere che il corridoio fosse comune solo alle quattro unità immobiliari site al sesto piano, tutte da lei acquistate provvedendo a realizzarne la fusione.
La difesa evidenzia che il corridoio in questione, essendo cieco, non sarebbe servito alle unità immobiliari diverse da quella di proprietà della ricorrente.
Il giudice di merito avrebbe errato a riportarsi acriticamente alla norma del regolamento condominiale senza tener conto dello stato dei luoghi risultante dalla consulenza tecnica d'ufficio, dagli atti d'acquisto e dalle planimetrie in atti.
In realtà, il regolamento chiaramente annovera fra le parti comuni, in modo indivisibile ed inalienabile fra i condomini, "l'androne di porta, i vani ed i corridoi o pianerottoli di accesso ai locali, ai sotterranei e ai sottotetti", che dovranno "restare indivisi a servizio di tutte le porzioni di proprietà particolare".
Il giudice di merito ha correttamente giustificato perché il corridoio dovesse essere ritenuto comune all'intero fabbricato: negli atti di trasferimento attraverso i quali la ricorrente era diventata proprietaria delle abitazioni "non figurava il corridoio che, al contrario, era stato sempre indicato come una delle coerenze del locali nel tempo singolarmente venduti, ed era stato sempre espressamente qualificato come corridoio comune".
La volontà delle parti circa gli spazi comuni è evidente poiché cristallizzata nel regolamento condominiale concordemente accettato dai vari acquirenti, tra i cui i danti causa della donna.
L'interpretazione del regolamento condominiale fatta dal giudice di merito è un apprezzamento di fatto che non può essere censurato dinnanzi alla Cassazione, salvo siano violati i canoni ermeneutici o per vizi di motivazioni.
Per sottrarsi al sindacato di legittimità, inoltre, "l'interpretazione data dal giudice di merito non deve essere l'unica possibile, o la migliore in astratto, ma una tra quelle possibili e plausibili".
Pertanto, se di un atto negoziale (o equiparato) "sono possibili due o più interpretazioni", non è consentito alla parte che aveva sostenuto la versione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l'altra.
Nel caso in esame la Corte d'Appello, basandosi sulle espressioni testuali dell'art. 2 del regolamento condominiale, "ha offerto una lettura plausibile e ragionevole di tale clausola, come tale non sindacabile" dinnanzi ai giudici di Cassazione.
Cass., II sez. civile, sent. 138/2016