di Lucia Izzo - Va annullata la delibera con cui la Regione impone ai medici obblighi di motivazione per i farmaci prescritti protetti da brevetto.
Non può infatti l'ente territoriale limitare, o comunque condizionare, la libertà del medico di scegliere il farmaco da prescrivere al proprio paziente.
Il TAR Lazio, sezione terza, con la sentenza 14044/2015 (qui sotto allegata) ha stabilito l'annullamento di una delibera della Regione Lazio relativa ad "Appropriatezza prescrittiva ed incremento dell'utilizzo dei farmaci di cui è scaduta la copertura brevettuale".
Con la delibera impugnata la Regione ha imposto ai medici "che prescrivono a carico del Servizio sanitario regionale medicinali coperti da brevetto appartenenti alle classi farmacologiche indicate nella Tabella A" di dover indicare volontariamente un codice di valorizzazione "per assicurare l'appropriatezza nell'utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla Regione".
L'ente, ispirato da esigenze di risparmio e per limitare il consumo di alcune categorie di farmaci, ha dunque sostanzialmente posto a carico del medico un onere di specificare sulla ricetta le motivazioni circa la scelta di quel determinato medicinale.
Così facendo viene sostanzialmente limitata "la scelta del medico di prescrivere la terapia migliore per il paziente, relegando importanti specialità medicinali già presenti in classe "A" del prontuario a mere scelte residuali".
L'operato della Regione Lazio è inaccettabile, poiché introduce, "per di più in via non legislativa, una disciplina, in materia di prescrizione dei farmaci, non conforme ai principi ricavabili dalla vigente legislazione nazionale".
Si rammenta che, "nel nuovo quadro costituzionale derivante dalle modifiche del titolo V della Carta costituzionale ad opera della legge costituzionale n. 3 del 2001, la materia di cui trattasi, relativa alle modalità di distribuzione dei farmaci e all'attività medico - prescrittiva, appartiene alla competenza legislativa concorrente Stato - Regioni, in quanto riconducibile alla tutela della salute ex art. 117, comma 3, della Costituzione".
Le Regioni, in tale ambito, possono intervenire con proprie leggi nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione statale e, ove esistenti, dei vincoli derivanti dalla normativa comunitaria.
Siccome l'attività di prescrizione dei farmaci appartiene alla competenza bipartita Stato - Regioni, i giudici del TAR evidenziano che "la fissazione dei limiti e dei criteri che devono guidare il medico nella scelta del farmaco che meglio risponda alle esigenze terapeutiche del singolo caso non può che appartenere ai principi fondamentali da stabilire con legge statale": infatti si tratterebbe "di uno dei casi in cui occorre assicurare uniformità di trattamento nei diritti a livello nazionale, incidendo i criteri di prescrizione sul principio di libera scelta del farmaco da parte del medico quale aspetto del diritto alla salute riconosciuto dall'art. 32 della Costituzione".
Il Collegio, per avvalorare tale principio, richiama anche l'art. 15, comma 11-bis, del D.L. n. 95/2012, a tenore del quale "Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, è tenuto ad indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco".
Per tali ragioni si annulla il provvedimento impugnato.
TAR Lazio, sent. 14044/2015