Soltanto il rifiuto opposto alla proposta può liberare la società che, altrimenti, va condannata a pagare l'indennità sostitutiva

di Lucia Izzo - È inadempiente il datore di lavoro che non colloca il dipendente in ferie, anche in caso di assenza della relativa domanda presentata nei termini contrattuali. Pertanto, stante la violazione dell'accordo sindacale, l'azienda va condannata al pagamento dell'indennità sostitutiva per le ferie non godute.


Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 276/2016 (qui sotto allegata).

Ricorre dinnanzi agli Ermellini un'azienda giornalistica condannata a corrispondere al vice-caporedattore un importo di oltre 53mila euro per non aver collocato in ferie il lavoratore, nonostante costui non avesse presentato apposita domanda.


Il dipendente ha sostenuto di aver più volte fatto presente all'azienda il suo diritto a usufruire delle ferie come tutti gli altri dipendenti, circostanza non contestata dalla società, sentendosi tuttavia opporre esigenze organizzative dovute all'insufficienza dell'organico e all'impossibilita di una sua sostituzione. 


Gli Ermellini evidenziano che il diritto alle ferie ha carattere irrinunciabile, garantito dall'art. 36 Cost e dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE; pertanto, "ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta la lavoratore l'indennità sostituiva".


Tale indennità ha, per un verso, carattere risarcitorio poiché "idonea a compensare il danno costituito dalla perdita si un bene bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l'opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato".


Per altro verso, l'indennità "costituisce erogazione di indubbia natura retributivaperché è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito" sarebbe dovuto essere non lavorato e destinato al godimento delle ferie annuali. 


La previsione collettiva, analizzata dai giudici d'appello, era significativa della necessità datoriale di regolare la disciplina delle ferie arretrate, proprio al fine di evitare che le esigenze aziendali si traducessero in un impedimento alla loro normale fruizione in quanto diritto costituzionale altamente garantito e irrinunciabile.

Il rimedio del collocamento forzoso in ferie previsto dalla fonte collettiva sarebbe stato idoneo, se puntualmente esercitato, a privare di rilievo la mancata collaborazione del lavoratore che non presentava l'apposito piano di ferie. L'azienda avrebbe potuto salvarsi da responsabilità soltanto se il lavoratore non avesse accettato la proposta datoriale, mai avvenuta nel caso in esame.

Cass., sezione lavoro, sent. 276/2016

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