di Marina Crisafi - Lo Stato Italiano dovrà sborsare 10 milioni di euro per risarcire le 350 persone che hanno contratto malattie, come Aids ed epatite, a seguito delle trasfusioni di sangue infetto dagli anni Settanta ai Novanta. Lo ha sancito la Corte europea dei diritti umani, nella sentenza Affaire D.A. et autres c. Italie (scaricabile qui in lingua francese) condannando l'Italia a risarcire un gruppo di cittadini italiani, spagnoli e australiani nati tra il 1921 e il 1993 riuniti per presentare il ricorso a Strasburgo.
Una sentenza storica - sebbene gli italiani "viventi" infettati dal sangue malato nel ventennio considerato sono circa 120mila - "che crea uno spartiacque rispetto a tutta una serie di sentenze e
attività avvenute in passato in Italia" rileva ad Adnokronos Salute, Michele Scolamiero, uno degli avvocati che da anni segue il caso.
Anche la cifra totale è alta, tenendo conto che per ognuno dei ricorrenti "sono previsti 25.000 euro per risarcire il
ritardo nell'adempimento" dell'Italia, per cui 8 milioni dei 10 sono soltanto per questo aspetto.
Quanto alle "colpe" riconosciute, per la Corte, l'Italia ha violato gli artt. 2 (diritto alla vita), l'art. 6 comma 1 (diritto ad un equo processo) e 13 (diritto a un risarcimento effettivo), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Stando ai dati, finora in Italia, soltanto 6mila contagiati hanno ricevuto un risarcimento dallo Stato e non è la prima volta che la Corte di Strasburgo bacchetta il Belpaese per lo scandalo del sangue infetto: già nel 2013 la Corte aveva accolto il ricorso di circa 160 persone stabilendo che lo Stato dovesse versare l'indennità integrativa speciale ex lege n. 210/1992.