di Valeria Zeppilli - Quando si avvia una causa è bene evitare di lasciarsi trasportare troppo e chiedere un risarcimento eccessivo rispetto a quanto effettivamente si ritiene di poter ottenere: il rischio è quello di dover sostenere le spese del proprio legale anche in caso di vittoria.
Con la sentenza numero 342/2016, depositata il 13 gennaio (qui sotto allegata), la Corte di cassazione ha infatti stabilito che il notevole ridimensionamento delle pretese attoree deve ritenersi un giusto motivo che legittimi la compensazione fra le parti delle spese, in deroga al principio della soccombenza.
Ad onor del vero, va detto che nel caso posto all'attenzione della Corte, al giudizio si applicava ancora il vecchio testo dell'articolo 92 c.p.c., introdotto dalla legge numero 263/2005, e non il testo riformato dalla legge numero 69/2009.
Di conseguenza la possibilità della compensazione era subordinata alla presenza di giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione, e non alle gravi ed eccezionali ragioni oggi richieste.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva adeguatamente esplicitato i giusti motivi posti alla base della compensazione delle spese, evidenziando che essa era stata disposta in ragione del notevole ridimensionamento delle pretese originarie.
A fronte di tale motivazione, adeguata, la Corte ha quindi affermato che la scelta di derogare al principio della soccombenza non risulta sindacabile in sede di legittimità, in quanto rimessa all'apprezzamento del giudice del merito.
Corte di cassazione testo sentenza numero 342/2016