Più nel dettaglio, si tratta di un onere del quale il coniuge deve farsi carico nel caso in cui la casa coniugale sia in comproprietà con l'ex e tra i due vi sia sostanziale omogeneità reddituale.
Ciò anche se il coniuge in affitto non ha prodotto il contratto di locazione in giudizio.
Con riferimento a tale ultima circostanza, infatti, i giudici hanno chiarito che l'obbligo di produzione del contratto può essere opposto nelle cause tra le parti del contratto stesso, ma non quando il rapporto sia funzionale a qualcosa di estraneo ad esso, come nel caso di specie.
A nulla, quindi, sono valsi i tentativi del marito di vedersi esonerato dal pagamento di metà del canone di affitto della ex moglie.
Per i motivi sopra indicati, in primo luogo è stata considerata irrilevante la contestazione circa l'assenza di adeguata dimostrazione, da parte della donna, di pagare un canone di locazione per il fatto di non aver prodotto il relativo contratto ma solo le semplici ricevute.
Inoltre, sono state ritenute prive di pregio le argomentazioni a sostegno della violazione e della falsa applicazione delle norme del codice civile in materia di frutti e comunione e di un presunto vizio di motivazione del giudice dell'appello.
Correttamente, infatti, il giudice del merito ha ritenuto che la donna avrebbe avuto diritto alla ricezione dei frutti pro quota derivanti dal mancato godimento dell'immobile e che, proprio attesa la difficoltà di fruizione di tali frutti, il marito era tenuto a corrisponderle metà del canone di locazione sostenuto.
Corte di cassazione testo ordinanza numero 430/2016