di Marina Crisafi - Non possono avere rilevanza, ai fini dell'iscrizione all'albo del praticante avvocato, le "marachelle" commesse in gioventù, ma solatnto quelle che rilevano dal punto di vista dell'affidabilità della professione. È questo quanto emerge in sintesi dalla sentenza del Consiglio Nazionale Forense (n. 161/2014, pubblicata il 15 gennaio scorso sul sito istituzionale e qui sotto allegata), con la quale è stato rigettato il ricorso del procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Palermo avverso il provvedimento con il quale il consiglio dell'ordine territoriale ha iscritto un praticante nell'apposito registro, pur in assenza dei requisiti previsti dalla legge professionale, in quanto condannato in via definitiva per il reato ex art. 648 c.p. (con pena patteggiata).
Per la difesa del praticante, l'episodio doveva essere invece considerato irrilevante in quanto occasionale, risalente a diversi anni prima e doveva tenersi conto della successiva condotta irreprensibile.
Il Cnf concorda.
È vero che la sussistenza del requisito della condotta "specchiatissima e illibata" (oggi "irreprensibile" nel nuovo ordinamento forense), necessaria al fine di ottenere l'iscrizione al registro speciale dei praticanti avvocati "deve essere esclusa in tutte le ipotesi in cui il richiedente abbia tenuto condotte non conformi alla disciplina normativa o alle regole deontologiche della professione forense, tali da incidere sull'affidabilità del soggetto che aspira a svolgere il ruolo attribuito dall'ordinamento al professionista forense" ha affermato infatti il Consiglio, ricordando che le condotte apprezzabili sotto il profilo morale "non sono quelle riferibili alla dimensione privata dell'individuo, bensì quelle che rilevano ai fini della valutazione rispetto all'affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento della specifica attività".
Ma, è pur vero, altresì, che con riferimento alla sfera strettamente privata "non possono essere considerate come ostative condotte che, per la loro natura, l'occasionalità, la risalenza nel tempo, non appaiano ragionevolmente suscettibili di incidere attualmente sulla suddetta affidabilità".
E nel caso di specie, il procedimento penale conclusosi con il patteggiamento si riferisce a un fatto commesso dal praticante all'età di 18 anni, il cui successivo comportamento risulta costantemente improntato a correttezza.
Per cui il ricorso va rigettato e l'iscrizione del praticante confermata.
Cnf, sentenza n. 161/2014