di Valeria Zeppilli - L'articolo 612-bis del codice penale, nel disciplinare il reato di atti persecutori (cd. stalking), punisce in maniera aggravata, con una pena aumentata sino alla metà, il fatto commesso in danno di una donna in stato di gravidanza.
Con una sentenza del 19 dicembre 2014, a tal proposito, la Corte di Appello di Genova ha correttamente escluso che possa sussistere tale aggravante nel caso in cui i fatti che rilevano ai fini della configurazione del reato di atti persecutori siano posti in essere successivamente al parto.
La vicenda che ha portato a questa decisione del giudice ligure, tuttavia, è giunta sino in Cassazione e su di essa anche la Corte di legittimità, sebbene a suo modo, ha avuto modo di pronunciarsi.
Il riferimento, in particolare, è alla sentenza numero 2325/2016, depositata il 20 gennaio 2016 (qui sotto allegata).
Nel caso di specie, il ricorrente era stato condannato in appello, oltre che per atti persecutori, anche per tre reati di lesioni personali volontarie a causa delle condotte poste in essere in danno della ex fidanzata e dei genitori di questa, soprattutto dopo la nascita della figlia.
Nell'analizzare le doglianze dell'uomo, e respingerle, la Cassazione, pur non pronunciandosi sulla questione relativa alla sussistenza o meno dell'aggravante (ovviamente non contestata), ha comunque posto in evidenza il fatto che i plurimi e insistiti episodi di aggressione fisica e vessazioni dell'uomo nei confronti della propria ex compagna devono essere considerati particolarmente gravi in ragione del fatto che la vittima degli atti persecutori era all'epoca una puerpera.
Quindi, nonostante la vittima non sia più in stato di gravidanza, e quindi il reato di stalking non possa considerarsi aggravato, la condotta deve comunque essere valutata in maniera più rigida nel caso in cui la vittima abbia da poco partorito.
Corte di cassazione testo sentenza numero 2325/2016