di Valeria Zeppilli - Complice la crisi e la cattiva abitudine dei clienti di non pagare gli avvocati, questi ultimi, sempre più spesso si dichiarino "antistatari" quando chiedono la vittoria delle spese di giudizio.
Si tratta, in sostanza, di un modo per chiedere che, in caso di vittoria, l'avversario soccombente provveda a pagare le spese legali direttamente al legale anzichè alla parte da lui assistita.
Tale possibilità è prevista dall'articolo 93 del codice di procedura civile, il quale dispone che "il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate".
Bene, ma cosa accade se la sentenza di condanna alle spese a favore del procuratore della parte vittoriosa dichiaratosi antistatario viene riformata?
Sulla questione la giurisprudenza della Corte di cassazione si è pronunciata più volte e lo ha fatto anche recentemente con la sentenza numero 1526/2016, depositata il 27 gennaio (qui sotto allegata): è l'avvocato stesso a dover restituire le somme ricevute a tale titolo.
Egli infatti diviene diretto titolare di un rapporto instauratosi con la parte soccombente e dovrà, pertanto, provvedere personalmente al "rimborso".
Nel caso di specie, quindi, nessun valore è stato dato alle richieste del legale, che tentava di far valere dinanzi ai giudici di legittimità il suo difetto di legittimazione passiva per non essere stato parte del giudizio.
L'avvocato deve rassegnarsi: è suo il compito di rimborsare l'avversario.
Corte di cassazione testo sentenza numero 1526/2016