di Lucia Izzo - Illegittimo il trasferimento del lavoratore che assiste in maniera continuativa il familiare portatore di handicap: la decisione può essere giustificata solo in presenza di rilevanti ragioni e non per ordinarie esigenze di natura organizzativa.
Lo ha precisato il Tribunale di Firenze, sezione lavoro, nella sentenza n. 39/2015 (qui sotto allegata), su ricorso di un agente di Polizia Municipale, trasferito in altra unità operativa, contro il Comune di Firenze.
L'uomo lamenta l'illegittimità del trasferimento, dichiarando di assistere con continuità il proprio padre, portatore di handicap grave e invoca il disposto dell'art. 33 l. 104/1992 che subordina il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare disabile al consenso del lavoratore stesso (inesistente nel caso di specie).
Il Comune convenuto ribadisce la legittimità del provvedimento impugnato allegando che il trasferimento è stato adottato nell'ambito di un ampio processo di riorganizzazione volto a rafforzare la presenza sul territorio degli operatori di Polizia Municipale: pertanto, le esigenze produttive ed organizzative del datore di lavoro sarebbero da ritenersi prevalenti sul diritto riconosciuto dalla norma invocata, tanto più che il lavoratore era stato collocato (in soprannumero) in una sede lavorativa "probabilmente" più vicina al domicilio dell'assistito rispetto alla precedente.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il giudice rammenta che la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che il bilanciamento degli interessi avviene a livelli diversi in relazione alle distinte posizioni soggettive contemplate dall'art. 33 1.104/92.
L'interesse della persona handicappata, ponendosi come limite esterno del potere datoriale di trasferimento, quale disciplinato in via generale dall'art. 2103 c.c., prevale sulle ordinarie esigenze produttive e organizzative del datore di lavoro e soccombe solo in presenza di ulteriori rilevanti interessi, diversi da quelli riguardanti l'ordinaria mobilità, che possono entrare in gioco nello svolgimento del rapporto di lavoro, pubblico o privato, così come avviene in altre ipotesi di divieto di trasferimento previste dall'ordinamento per le quali la considerazione dei principi costituzionali coinvolti può determinare, concretamente, un limite alla prescrizione di inamovibilità
Il Comune convenuto, lungi dall'allegare l'esistenza di una delle particolari e rilevanti ragioni di cui si è detto, "ha motivato il trasferimento con ordinarie esigenze di natura organizzativa, peraltro contraddittoriamente esposte atteso che è lo stesso convenuto a dichiarare che il ricorrente risulta collocato in soprannumero nella nuova sede (ove evidentemente non risulta necessaria la sua presenza)".
Né può escludersi che nel caso di specie si tratti di un vero e proprio trasferimento atteso che la nozione di trasferimento del lavoratore, che comporta il mutamento definitivo del luogo geografico di esecuzione della prestazione, è configurabile anche nell'ipotesi in cui lo spostamento venga attuato nell'ambito dello stesso Comune, quando questa comprenda uffici costituenti diverse unità produttive (circostanza incontestata nel caso di specie).