di Marina Crisafi - Risponde di omicidio colposo e lesioni personali il proprietario che non effettua la dovuta manutenzione agli impianti domestici, provocando la morte dell'inquilino a causa di un'intossicazione da monossido di carbonio. A stabilirlo è la quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 4451/2016, depositata oggi (qui sotto allegata), respingendo il ricorso di una donna, proprietaria di un appartamento dato in affitto, avverso la condanna ai reati ex artt. 589 e 590 c.p., inflitta dalla Corte d'Appello di Milano, perché per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme tecniche in materia di sicurezza e manutenzione degli impianti domestici, non adeguava, nonostante l'indicazione dell'amministratore in tal senso, lo scaldabagno vecchio e malfunzionante collocato nel locale soggiorno/cucina dell'alloggio, cagionando la morte degli inquilini per effetto di intossicazione da monossido di carbonio e lesioni anche agli altri condomini.
Per il Palazzaccio, la sentenza d'appello va confermata, in quanto correttamente i giudici di merito, partendo dalla posizione di garanzia ex art. 1575 c.c., secondo cui il locatore "deve consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione e mantenerla in stato da servire all'uso convenuto", hanno ritenuto acclarata la responsabilità della ricorrente nella verificazione del tragico incidente, a nulla rilevando, come sostenuto dalla difesa, l'occlusione della canna fumaria.
È vero che, hanno confermato gli Ermellini, tale occlusione "ha contribuito in maniera sensibile alla produzione dell'evento, non avrebbe potuto cagionarlo se lo scaldabagno non avesse, a monte, esalato monossido di carbonio in percentuali così elevate da saturare l'aria nel giro di poche decine di minuti, come hanno ampiamente dimostrato le prove tecniche effettuate dai consulenti prima e dopo la sommaria pulizia dell'apparecchio".
In sostanza, hanno chiosato da piazza Cavour, se l'impianto fosse stato efficiente non si sarebbe verificata la situazione altamente pericolosa che ha fatto verificare l'incidente mortale, e se fossero state fatte anche le minime necessarie verifiche "la non rispondenza dell'apparecchio agli standard di sicurezza ne avrebbe per ciò solo imposto la rimozione, con ciò scongiurando con grado di probabilità prossimo alla certezza il verificarsi degli eventi". Per cui, il ricorso è respinto e la responsabilità penale della donna confermata in via definitiva.
Cassazione, sentenza n. 4451/2016