di Marina Crisafi - Basta alle telefonate continue dei call center sui cellulari a scopi pubblicitari. Sia che si tratti di chiamate "mute" sia con operatore. A dire stop al fastidioso e assillante telemarketing è niente che meno che la Cassazione, con la sentenza n. 2196/2016 depositata oggi dalla prima sezione civile.
Quanto alle chiamate con contatto "abbattuto", le c.d. chiamate mute, per il Palazzaccio è escluso che allo stesso utente possa arrivare più di una telefonata al mese di questo tipo.
Il sistema, infatti, che consiste nel programmare in anticipo le chiamate, per ottimizzare il successo di quelle che vengono trasmesse agli addetti del call center, porta tuttavia all'atto pratico (per mancanza di operatori disponibili al momento a dare il messaggio promozionale al destinatario), a far squillare inutilmente il telefono dell'utente, "facendo ricadere il rischio e il disagio delle chiamata muta sui soli destinatari". Tale sistema pertanto non rientra "nei canoni della correttezza pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità del loro utilizzo", con cui vanno gestiti i dati personali ai sensi degli artt. 4 e 11 del Codice della privacy (cfr. SS.UU. n. 3033/2011).
Ma non solo. Quanto al marketing diretto con operatore, sbaglia l'azienda che ha commissionato l'attività di telemarketing "incriminata" a sostenere che il consenso non è richiesto per coloro che risultano iscritti all'elenco abbonati del telefono e non figurano nel registro delle opposizioni.
Tale trattamento è ritenuto legittimo dal codice della privacy soltanto con l'assenso/consenso dell'interessato. In ogni caso, la deroga al consenso espresso dell'utente ex art. 130, comma 3-bis del codice privacy (consentita in base alle direttive europee), si può applicare solo relativamente ai dati personali pubblicati negli elenchi degli abbonati ai servizi di telefonia, tale per cui il trattamento dei dati stessi possa dirsi consentito a prescindere dal consenso preventivo dell'interessato, salvo ovviamente il diritto di opposizione attraverso l'iscrizione nell'apposito registro.
E, comunque, ha concluso la Cassazione, a scopo di definitiva chiarificazione "può osservarsi che finanche per il marketing diretto con operatore, rimane in tal guisa legittimo il trattamento del dato personale tratto da elenchi solo in quanto gli elenchi siano pubblici, come non è invece per il caso della telefonia mobile".
Cassazione, sentenza 2126/2016