di Marino Maglietta - Il Disegno di Legge 2081, attualmente al voto del Senato, nel suo capo II (quo vide) fin qui rimasto fuori dell'attenzione sia dei media che degli addetti ai lavori, vuole introdurre una serie di pesanti vincoli - dal mantenimento allo scavalcamento di diritti ereditari - tra persone non coniugate per il solo fatto di avere avuto residenza anagrafica comune per alcun tempo. E ciò con riferimento all'art. 156 cc, che disciplina i rapporti economici tra coniugi. La ratio legis complessiva con la quale il provvedimento viene presentato ha certamente l'apparenza della sensatezza e dimostra buone intenzioni, come spesso accaduto nei più recenti interventi in materia di diritto di famiglia. Tuttavia, uno sguardo appena appena attento all'articolato convince immediatamente che queste si sono in buona parte perdute per via, mostrando effetti collaterali indesiderabili ai quali evidentemente non si era pensato.
L'obbligo di mantenimento di un ex convivente (art. 13), infatti, può andare a sacrificare le risorse a favore di figli minori di altro letto, facendo prevalere una visione adultocentrica; e al tempo stesso, se l'obbligato a fornire il mantenimento è un soggetto già coniugato, può sacrificare un "coniuge debole" a vantaggio di un partner temporaneo. E altrettanto distratte sono le disposizioni relative al godimento della casa di cui all'art. 15. Potrebbero esserci figli minori non solo della coppia che era convivente, ma anche nati al de cuius da un matrimonio precedente. In questo caso i figli nati nel matrimonio
vedrebbero sospesi per 3 anni i propri diritti ereditari sul godimento della casa (anche quelli di altri soggetti, ovviamente) e si violerebbe di nuovo la recente conquista del principio che tutti i figli sono uguali. Peggio ancora, se la coppia convivente non ha avuto figli, il sacrificio di quelli nati nel matrimonio è a favore di un soggetto adulto. Insomma, l'evidente preoccupazione di tutelare il soggetto debole in un rapporto di coppia (tipicamente la donna), riducendo al massimo la differenza legale tra moglie e compagna, in questo modo porta a creare e/o allargare le differenze tra figli nati nel matrimonio e fuori di esso, con danno di soggetti ancora più deboli.Tuttavia, le maggiori perplessità nascono dal significato complessivo e dalle ricadute sociali di queste disposizioni. Curiosamente, gli ideatori del progetto hanno ritenuto rassicurante aggiungere la clausola che i due ex partner siano legati da stabili rapporti affettivi (art. 11), non rendendosi conto che ciò comporta un'indagine sui sentimenti, ovvero rappresenta la pretesa dello Stato di intromettersi nella sfera privata delle persone. Non solo. Come verranno acquisite le "prove"? E' facile immaginare che in tutti i casi in cui alla cessazione della convivenza segua una richiesta di mantenimento dell'uno contestata dall'altro (prevedibilmente quanto mai frequenti: è pacifico un notevole aumento del contenzioso), per accertare la natura della convivenza stessa si dovrà mettere sotto inchiesta il suo concreto svolgersi, a partire dall'esistenza o meno di una vita sessuale comune. Con seguito ad libitum. Quand'anche si arrivi a delle certezze, come verrà considerato l'affetto senza sesso ovvero il sesso senza affetto? In definitiva, una scelta davvero infelice, che sacrifica ingiustamente il diritto dei cittadini a mantenere intatta la possibilità di effettuare autonomamente le proprie scelte di vita. Perché oggi coppie alle quali la legge consente di sposarsi non lo fanno? Evidentemente perché, almeno temporaneamente, non intendono assumere gli obblighi conseguenti al matrimonio, per una quantità di legittime ragioni: può trattarsi di giovani che vogliono prima verificare la propria reciproca compatibilità, o di coppie che anche in un percorso senza limiti di tempo vogliono mantenere viva la tensione affettiva rinnovando la scelta giorno per giorno. E se ci si preoccupa che anche per questa tipologia di persone esistano garanzie sociali basterà che abbiano la possibilità di sottoscrivere liberamente un accordo di natura economica, che si estenda alla rottura del legame, come si propone di fare l'art. 19 del DDL 2081, che potrebbe avere previsioni quanto si vuole ampie. Perché, dunque, rendere automatici e irreversibili i reciproci obblighi, scavalcando la volontà delle parti? Questo significa sopprimere la terza opzione tra sposarsi, convivere tutelati da liberi accordi, oppure convivere e basta, senza obblighi. Ma questo progetto non si dichiara nato per aggiungere qualcosa a chi lo vuole senza togliere nulla a nessuno?
Vorrà il Parlamento ripensarci e magari rielaborare il testo per rimuovere alcune delle principali criticità?