"Una nazione moderna è controllata dal sistema creditizio, che è sempre più concentrato. Perciò, la crescita stessa della nazione così come tutte le nostre attività sono nelle mani di pochi uomini. Il nostro stesso governo è controllato e dominato dal dispotismo di questo piccolo gruppo in posizione dominante".
(W.Wilson, Presidente Usa, 1916)
di Angelo Casella - Stimolato da recenti fatti di cronaca, si è aperto un dibattito, tanto acceso, quanto confuso, sulle banche, sull'efficacia dei controlli, sulle eccessive sofferenze, sulla loro incerta solidità patrimoniale. Il polverone sollevato impedisce peraltro di cogliere le radici della problematica, mescolando disordinatamente banche, borse, titoli, crediti deteriorati, aiuti di Stato e interferenze Ue, senza fare chiarezza sui veri termini della questione.
E' innanzitutto da ribadire che questi problemi non esisterebbero se si mettesse finalmente fine alla più colossale truffa mai posta in atto contro la società: la sottrazione allo Stato del potere di battere moneta. Una frode immane che ha sconvolto i meccanismi economici, creato immense difficoltà ai cittadini ed allo Stato medesimo ed ha favorito (e favorisce) l'illecito arricchimento di pochi (in particolare i banchieri) ai danni della collettività tutta. Se lo Stato stampasse la moneta non vi sarebbero nè tasse né debito e l'enorme ricchezza accumulata dalle banche apparterrebbe alla cittadinanza, con sensibile incremento del benessere medio.
"Il potere di emettere danaro dovrebbe essere tolto alle banche e restituito al popolo, cui naturalmente appartiene" (T. Jefferson, 1809).
La legge bancaria
Ciò posto, l'elemento inquinante di base - allo stato - è costituito dalla nuova legge bancaria (d.lgs. 1.9.93, n. 385) con la quale si è provveduto ad una massiccia deregolamentazione che ha favorito in modo scandaloso la finanza, predisponendole un quadro di totale libertà speculativa.
E' noto che i parlamenti nazionali sono oggi dei semplici elementi decorativi nelle istituzioni pubbliche, ma l'approvazione di questa legge, ovviamente predisposta dalla stessa finanza, segnala un livello di degrado, morale e civile nei c.d."rappresentanti" del popolo, decisamente preoccupante.
Ricordiamo altresì, in proposito che, per l'ignobile e illegittimo Trattato di Maastricht (feb. 1992), "nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente Trattato e dallo Statuto del SEBC, nè la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono accettare istruzioni dalle istituzioni, dai governi degli stati membri o da qualsiasi altro organismo (...) i governi degli Stati membri si impegnano a non cercare di influenzare gli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti" (art. 107).
A fronte di tale iattanza, ogni commento è superfluo.
Il nuovo orientamento
Cardine della nuova legge è il declassamento dell'attività bancaria da "servizio pubblico" a "attività d'impresa" (art. 10), liberandola dai vincoli connessi alla precorsa qualifica.
E' poi abolito il rigoroso divieto di assumere partecipazioni in attività industriali, già stabilito per escludere i connessi rischi.
Vengono poi sostanzialmente cancellati i vincoli sui crediti, la separazione tra raccolta a breve e a lungo termine, nonché tutta una serie di meticolose prescrizioni contabili e operative.
Scompare la separazione tra banche d'investimento e banche di risparmio, così come spariscono gli "Istituti di credito di diritto pubblico" (Banco Napoli, Banco di Sicilia, BNL, Istituto S.Paolo, Monte Paschi) e le "Banche di interesse nazionale" (Banco di Roma, Comit, Credit,), con i connessi specifici inquadramenti operativi, organizzativi e funzionali.
E' caduta la separazione tra l'attività di concessione di finanziamenti e la vendita di titoli.
Una separazione che consentiva alle banche di offrire informazioni e giudizi relativamente indipendenti ed obbiettivi sulla affidabilità delle imprese emittenti, evitando al risparmiatore collocazioni a rischio.
Le banche, con l'abolizione della scissione, allorquando le imprese, di cui magari hanno anche collocato i titoli (o ne detengono in portafoglio), hanno bisogno di liquidità, sono indotte a concedere comunque dei finanziamenti che possono facilmente tradursi in sofferenze.
Questa nuova situazione danneggia la collettività comportando evidenti conflitti di interesse, particolarmente acuti quando le banche provvedono al collocamento dei titoli dell'impresa (per il quale incassano anche consistenti incentivi).
Svanisce ogni riferimento che evochi in qualunque modo il diritto pubblico e l'interesse pubblico; tutto l'universo dell'attività bancaria è consegnato al privato.
Il modello diventa uno solo: la società per azioni, emblema tipico dell'iniziativa privata: "La Banca d'Italia autorizza l'attività bancaria quando...a) sia adottata la forma di società per azioni e di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata" (art. 14).
Il nuovo contesto è ben chiaro: il danaro della collettività è affidato ai privati cui è riconosciuta la licenza di farne libero uso per trarne profitto personale.
Alle banche vengono consegnate non solo le chiavi della ricchezza individuale, ma, sopratutto, quelle del benessere e dello sviluppo della società tutta.
Interesse pubblico e servizio pubblico
Senza reiterare osservazioni già esplicitate altrove, sintetizziamo: è di interesse pubblico ciò che rientra nel titolo associativo dei membri della collettività, ovvero - in via di larga massima - quanto è ritenuto utile alla coesione ed al buon funzionamento della società.
Si può definire servizio pubblico quella utilità che soddisfa esigenze che la stessa esistenza della collettività ha posto in essere (strade, acquedotti, trasporti, energia, scuola, ecc.) e che rispondono all'interesse pubblico della sussistenza della collettività.
E' fuor di dubbio che un sistema bancario, o qualcosa di equipollente, è indispensabile per il corretto funzionamento della società nel suo insieme. Al pari, ad esempio, della moneta.
La banca svolge una decisiva funzione sociale e si qualifica come il servizio economicamente più rilevante di cui la società debba oggi disporre. Il Paese non può farne a meno. Dismetterlo significa per lo Stato rinunciare alle sue funzioni primarie.
Si tratta in effetti di un servizio essenziale, intrinsecamente connesso ai meccanismi economici di base, sopratutto quelli connessi agli investimenti necessari per lo sviluppo del benessere collettivo.
In astratto, è scarsamente configurabile che una persona sana di mente spontaneamente consegni i propri risparmi ad uno sconosciuto perché ne faccia ciò che gli aggrada, come di cosa propria. Ciò invece normalmente avviene con le banche appunto perché la funzione da queste svolta risponde ad una esigenza sociale ed economica non sopprimibile in una collettività moderna.
Del tutto scorretta pertanto la rivoluzione copernicana operata con il citato decreto 385/93.
Quale la funzione della banca?
Nei manuali e nei testi dedicati, quella bancaria è definita "attività di intermediazione" tra chi dispone di danaro e chi ne abbisogna.
La definizione è più che altro onirica. Molto lontana è la realtà.
Mediatore è colui che pone in contatto chi offre determinati beni e servizi e chi ne vuole usufruire (art. 1754 cc).
Il depositante che si rivolge alla banca, invece, non ha nessuna intenzione di cercare un utilizzatore del suo danaro: vuole che sia tenuto a sua disposizione.
E' poi evidente che il soggetto che concede l'eventuale prestito non è il depositante, bensì la banca. Il relativo contratto interviene tra la banca ed il richiedente, ed è la banca che incassa sia il relativo prezzo (cioè gli interessi) sia la restituzione del capitale.
Banca e società
A detta di T. Jefferson, "istituzioni bancarie ed istituti di credito", ove non severamente regolamentati, sarebbero diventati il punto di riferimento di un assolutismo totale, che avrebbe annullato ogni aspettativa democratica. Aggiungeva anche: "Credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose di un esercito in armi".
Come abbiamo visto, l'indirizzo normativo oggi adottato è esattamente il contrario di quello suggerito da Jefferson. Ed infatti ci troviamo, allo stato, a dover fronteggiare una situazione di gravissimo declino democratico.
Il nuovo scenario
Ora le banche sono totalmente private e i proprietari siedono (direttamente o per interposta persona) nei consigli di amministrazione.
Decidono liberamente come impiegare il danaro depositato.
E il criterio non è lo sviluppo dell'economia del Paese, ma il maggior profitto possibile.
Va bene che il liberismo (e il capitalismo in genere), si fonda sulla produzione di profitti, non sulla soddisfazione di bisogni, ma vi sono equilibri, tra questi opposti, che non si possono superare senza alterare la società.
Conseguenze dirette
L'utilizzo speculativo del risparmio ha preso diverse direzioni, alcune direttamente truffaldine.
Le attività delle banche di Sindona, Calvi, così come la banca Etruria e molte altre, sono state divorate da finanziamenti ad aziende in condizioni fallimentari (magari con qualche cointeressenza degli amministratori della banca) od a società fantasma nei paradisi fiscali. Le prime fallivano, ma i soldi ricevuti erano intanto spariti. Le seconde semplicemente svanivano.
Molto utilizzato il finanziamento d'impresa per partecipazioni e per fusioni ed acquisizioni, allo scopo di creare mega corporazioni, che fanno capo a pochissime persone, ed hanno migliaia di affiliate e holding con concentrazioni di potere elevatissime e del tutto segrete (i banchieri Rothschild, ideatori del gruppo Bilderberg, non vengono mai citati, e nemmeno compaiono nell'annuale elenco della rivista Forbes, sono i più ricchi del mondo ed hanno partecipazioni determinanti in migliaia di aziende - sopratutto banche - in tutto il pianeta: esercitano di fatto un potere politico immenso). Fusioni ed acquisizioni, poi, spesso nascondono frodi di bilancio e sono attuate per accrescere fittiziamente il valore di borsa della nuova società, come garantito dai consulenti delle banche, che vendono le azioni della nuova società.
La Borsa ed i mercati delle materie prime sono il campo giochi preferito per speculazioni sfrenate che (alzando e abbassando fittiziamente i prezzi) danneggiano gravemente sia i risparmiatori, sia gli agricoltori ed i consumatori).
Anche il mercato delle valute è un campo di impiego per ottimi affari. Colossali guadagni sono stati realizzati in particolare con il cambio tra le valute nazionali e l'euro.
Le "bolle" immobiliari verificatesi pochi anni addietro nei Paesi occidentali, e che gravissime ricadute hanno avuto sui risparmiatori, sono state messe in opera (a volte direttamente dalle stesse banche) con finanziamenti bancari fasulli. Milioni di famiglie sono stati indotte ad acquistare una casa, pur non avendone i mezzi, mediante l'offerta di mutui apparentemente favorevoli e con l'assicurazione che il valore dell'immobile sarebbe cresciuto rendendo sopportabile il pagamento delle rate del mutuo (sovente però sostenuto da altro mutuo per pagare le rate del primo). Quando il sistema è crollato, le famiglie si sono trovate sul lastrico, senza casa e con i mutui da pagare.
Titoli. Le banche hanno creato titoli "derivati" che, a differenza di azioni ed obbligazioni, non sono sostenuti da nulla se non dalla mera eventualità che - in futuro - si verifichi un evento che avvantaggi il possessore del titolo. Il loro valore deriva, appunto, dall'andamento di una entità sottostante, come un mutuo o altri titoli. E' stato stimato che, nel 2010, il valore totale dei derivati circolanti nel mondo arrivasse a 1,2 quadrilioni di dollari, vale a dire venti volte di più del Pil mondiale che, all'epoca, era di 60 milioni di dollari. Ne esistono oltre 3000 tipi diversi. Alcuni hanno sottostanti ridicoli, come l'eventualità di incidenti d'auto o quella di una interruzione della fornitura, o di un guasto, della rete elettrica.
Una grande espansione hanno avuto le "opzioni" ed i "futures". I primi conferiscono il diritto di effettuare, un acquisto (o vendita) entro una certa data. I secondi comportano un obbligo ad effettuare, entro un termine stabilito, un acquisto di un certo bene (con il corrispondente obbligo della controparte a consegnarlo). Sono state inventate altresì le obbligazioni "strutturate" (in gergo Cdo, "obbligazioni aventi per collaterale un debito), aventi per base centinaia di debiti, ipotecari e non, raggruppati in un solo titolo, la cui valutazione è resa praticamente impossibile dalla enorme quantità di debiti contenuti (e che dovrebbero essere valutati uno ad uno). Questi Cdo, come - in sostanza - anche gli altri derivati, equivalgono ad una scommessa. Molto utilizzati nel campo delle materie prime, presupponevano - tempo addietro - che vi fosse realmente uno scambio fra le parti del sottostante (petrolio, grano, ecc.). Oggi, invece è possibile acquistare un derivato senza dover vendere o comprare alcunché, così che la maggior parte (oltre il 99%) dei Cdo non corrisponde ad alcuno scambio reale.
L'illusionista bancario ha introdotto anche i certificati di assicurazione dal rischio di insolvenza di un debitore ed i titoli che incorporano sofferenze. In effetti, è ormai d'uso per le banche, creare delle "società veicolo", per portare fuori bilancio crediti deteriorati, trasformati in titoli. Queste società "veicolo" hanno avuto uno sviluppo enorme e costituiscono quella che viene chiamata "finanza ombra" in quanto non rilevata dalle statistiche ufficiali. In tal modo vengono aggirate le prescrizioni sul rapporto tra capitale e crediti. Il tutto alla luce del sole. Incidentalmente, l'abnorme crescita dei crediti "fuori bilancio" ha avuto una influenza determinante nella crisi del 2008. Le maggiori banche europee presentano esposizioni debitorie equivalenti ad una importante quota del Pil del loro Paese. Esse, peraltro, a causa della finanza "ombra" (costituita in gran parte dalle società veicolo), rappresentano meno della metà del sistema finanziario complessivo. Per cui i c.d. "stress test" richiesti dalla Bce alle banche sono solo fumo negli occhi per la plebe.
Analoghi sono i certificati di assicurazione del credito (detti Cds) che prevedono un indennizzo se il debitore risulta insolvente (anche se l'acquirente non è il creditore).
Queste aree di impiego della massa fiduciaria vengono dalle banche privilegiate - per il loro assai più elevato rendimento - rispetto ai finanziamenti alle imprese.
E' stato calcolato (v. GALLINO, Il denaro, il debito, ecc., Torino, 2015) che, tra l'ultimo ventennio del '900 ed i primi anni duemila, il 70% circa del credito concesso dalle banche non è stato utilizzato per l'avvio di attività produttive nell'economia reale, bensì per acquistare titoli e prodotti finanziari, proposti dalle banche stesse con enormi profitti.
In tal modo il sistema bancario non solo non svolge la sua funzione primaria di finanziare l'economia reale, ma, utilizzando proprio il suo danaro, danneggia fortemente la collettività nel suo insieme, non favorendo nè investimenti nè consumi.
Nel loro insieme - come abbiamo visto - questi titoli (che in gran parte finiscono nelle c.d. "gestioni del risparmio") hanno raggiunto cifre stratosferiche. Si noti che ognuno di questi titoli può essere convertito in contante, per cui il totale del danaro creato dal sistema costituisce un volume enorme di potenziale liquidità con una carica di instabilità estremamente pericolosa.
Occorre sottolineare infatti che tutti i titoli sopra elencati possono perdere gran parte del loro valore nello spazio di pochi giorni o addirittura di una mattinata, come è capitato nel 2008.
E qui tocchiamo uno dei punti più delicati del sistema.
I veri pericoli per la stabilità delle banche non vengono (solo) dalle sofferenze, ma sopratutto dai titoli che detengono, direttamente o (tramite i "veicoli") indirettamente.
Se i c.d. "sottostanti" cominciano a dare segni di cedimento, come è particolarmente possibile oggi per effetto della flessione dell'economia a livello globale, può verificarsi un crollo a catena e determinarsi una crisi finanziaria di proporzioni catastrofiche.
Molte grandi banche europee, come - ad esempio - la Deutsche Bank, sarebbero tecnicamente fallite, se si tenesse conto della massa di titoli "tossici" che detengono.
Gli effetti di una eventuale crisi finanziaria sarebbero particolarmente pesanti per le gestioni patrimoniali, i fondi pensione, le assicurazioni sulla vita e simili.
In effetti, tra l'altro, ancora molti pensano che chi trae il proprio guadagno dalla gestione del danaro altrui, si preoccupi di più degli interessi del cliente che dei propri.
L'evoluzione del sistema bancario in corso presenta altissime possibilità di risolversi - dai focolai tedeschi e francesi - in un disastro europeo e mondiale di proporzioni colossali, che si tenta di evitare con iniziative eccezionali ed anomale.
E' in atto, in questo quadro, una articolata aggressione al sistema bancario italiano. L'assalto è gestito (per conto sopratutto della Deustche Bank) dalla Bce, dove gli italiani - come negli altri organi europei - non hanno alcuna influenza. Anche lo stesso Visco ne è sconcertato, ma non può tradire la congrega.
Come opera la Bce:
1- lancia allarmi (del tutto infondati) sulla patrimonializzazione delle banche italiane
allo scopo di spingerle ad allargare la base azionaria, creare disorientamento sul mercato e provocare un calo delle quotazioni. Il tutto per rendere più facili acquisizioni azionarie sufficienti ad assumere poteri gestionali.
2- impone - allo stesso scopo - la riforma delle Popolari e delle Bcc in spa (nessuno parla invece delle analoghe Sparkasse tedesche...).
3 - impone il bail-in per creare altre difficoltà ed un ulteriore calo delle quotazioni di Borsa.
Lo scopo.
Il problema sta nei bilanci delle banche francesi e tedesche, ma sopratutto della Deutsche B., il cui potere politico è però elevatissimo (la Merkel ebbe umilmente a chiedere al ceo della D.B.: "cosa posso fare per lei?") anche se è notoriamente corresponsabile (con Goldman Sachs) del crollo del 2008, della manipolazione dei tassi di riferimento (Libor ed Euribor) e delle speculazioni assassine sui mercati di oro e argento.
Questi istituti sono estremamente fragili (assai più delle banche italiane) per lo spropositato ricorso fatto in passato alla leva finanziaria e, in primissimo luogo, per l' enorme volume di titoli derivati e strutturati (tra cui l'ultima trovata, i Co.Cos: contingent convertible bond: titoli trasformabili in azioni e particolarmente instabili).
Il valore di tutti questi titoli è legato ad un sottostante (sostanzialmente delle scommesse!) che possono da un'ora all'altra crollare di prezzo, con effetti amplificati sui corrispondenti derivati e la possibile conseguenza di un azzeramento del capitale.
Perché interessano gli istituti italiani.
L'Italia è il Paese con uno dei più alti indici di risparmio. Nelle banche italiane vi è pertanto una massa fiduciaria particolarmente consistente.
E' questa l'oggetto del desiderio, allo scopo di utilizzarla per acquistare parte dell'enorme massa di titoli tossici ad altissimo rischio (il cui ammontare complessivo è molto superiore al Pil europeo...) e che, con la crisi economica globale che si sta aggravando, possono in breve tempo causare un collasso finanziario di dimensioni molto maggiori di quello, tristemente noto, degli anni '30.
La creazione della moneta
E' diffusa credenza che la banca conceda prestiti sulla base del danaro che ha ricevuto in deposito.
Non è così. Senza tornare su temi già trattati, come definizione e funzionamento della moneta, possiamo dire che la banca crea danaro dal nulla.
La banca crea danaro nel momento in cui concede un prestito. Ciò è esplicitato anche in un documento della Banca centrale inglese (gennaio 2015) nel quale si legge: "sono i prestiti delle banche a creare i depositi".
Una creazione ex nihilo priva di limiti intrinseci poiché tutto il danaro prestato dalla banca tornerà in qualche modo presso quella o altre banche. Il solo limite è l'obbligo di depositare presso la Bce l'1 per cento delle somme prestate. Limite evidentemente solo teorico, non solo in quanto di livello insignificante, ma sopratutto perché la Bce accetta anche titoli di qualità del tutto scadente.
La quantità totale della moneta in circolazione non è data da quanto le banche centrali hanno messo in circolazione, ma da quanto cittadini, imprese e governi hanno preso a prestito e che costituisce circa il 90-92% del totale complessivo. Perciò non vi è alcuna spesa pubblica che toglie danaro al settore privato: accade esattamente il contrario.
La massa circolante deve crescere continuamente per consentire alla banca di non diminuire i propri introiti. Infatti, quando un finanziamento viene restituito, il relativo importo, unitamente agli interessi, viene cancellato dalla contabilità. E la banca è "costretta" a concedere nuovi prestiti per sostituire quello estinto.
Per questo, la banca cerca in ogni modo di far indebitare famiglie ed operatori economici. Incoraggiando sopratutto i prestiti con finalità speculative, atti a fornire elevati profitti a breve. Favorendo indirettamente, in un circuito vizioso, l'esasperazione dei consumi.
Il danaro creato dalla banca praticamente si duplica quando la banca "cartolarizza" il credito concesso e mette il titolo corrispondente sul mercato. Come di frequente accade.
Questi titoli possono essere venduti e rivenduti, o utilizzati come strumento di pagamento e sono pertanto equiparabili al danaro.
Ma non sono considerati nelle stime della moneta in circolazione.
Aspetti dell'operatività bancaria
Interessa notare che:
a. il risparmiatore che deposita il suo danaro presso una banca, non riceve alcunché in contropartita, se non - in qualche caso - un interesse risibile, normalmente cancellato da "commissioni, competenze, costi e diritti vari".
Il suo prestito alla banca si risolve in un costo per lui.
Quando la banca concede un prestito al cliente, quest'ultimo è costretto a corrispondere pesanti interessi, fino a quando non riesce a restituire il capitale.
b. la banca da in prestito danaro che crea dal nulla senza sostenere alcun costo. Il prestatario, per restituire il prestito, deve lavorare o sacrificare beni reali.
c. se il prestito non viene restituito, la banca, con idonee procedure forzose, può impossessarsi delle attività del debitore, frutto del suo lavoro. In pratica, scambia danaro evanescente con beni reali.
(Anche la banca centrale emette banconote, cioè passività, sulle quali non paga nessun interesse, e con le quali può acquistare beni e servizi).
Il rapporto banca-cliente
Non vi è dubbio che le somme depositate appartengono al risparmiatore, che le ha consegnate in deposito alla banca (non è un prestito, altrimenti non potrebbe effettuare prelievi).
Ciò dato per scontato, se ne dovrebbe dedurre che spetta al depositante decidere se, a chi ed a quali condizioni prestare il suo danaro. Così come percepirne i relativi frutti.
Anomalo che il danaro depositato da un pacifista convinto possa essere utilizzato per costruire fabbriche d'armi, ovvero che i risparmi di un rigido ecologista servano a costruire fabbriche inquinanti.
Così invece non avviene: decide su tutto la banca, che si intasca pure i ricavi. Deleterio poi, come si è accennato, che i debitori della banca siedano nel Consiglio di amministrazione, alterandone a proprio vantaggio le decisioni sugli impieghi. Si tratta di un contrasto di interessi che non sembra sia stato adeguatamente soppesato.
In base a considerazioni e valutazioni esclusivamente proprie, la banca decide quali attività economiche debbano sorgere o continuare ad esistere e quali debbano invece scomparire. Migliaia di imprese sono state cancellate dal panorama industriale con la semplice abolizione dei crediti loro concessi.
Diversamente, molte imprese in difficoltà sono state salvate con eccezionali aperture di credito, senza che vi fossero plausibili motivi.
Le banche, in sostanza, possono decidere, in tutta autonomia, chi far diventare ricco e chi, invece, mettere sul lastrico. Una decisione che coinvolge direttamente gli interessi primari della società.
Gestendo poi il danaro della collettività, hanno la possibilità di influire in misura determinante sugli equilibri del potere economico e politico.
Decidendo a chi ed in quali settori far affluire il danaro, decidono su materie attinenti la struttura, la dimensione e la tipologia della economia del Paese.
In pratica, definiscono a loro arbitrio quali siano le esigenze della società, se e come debbano essere soddisfatte: individuano e dispongono in ordine alle sue necessità ed ai suoi obbiettivi.
In ultima analisi, decidono come debba configurarsi la struttura sociele ed economica della società.
Nella loro ricerca ansiosa di profitti, le banche non prestano alcuna attenzione al tessuto sociale ed alle condizioni delle classi meno agiate.
Sono dovute di recente nascere, ad iniziativa popolare, le così dette "banche etiche" (che, solo in Europa, hanno in pochi anni strappato alla povertà più di 30 milioni di persone) perché una piccola parte del danaro della collettività venisse utilizzato per migliorare le condizioni di vita delle fasce meno agiate.
Pur con i loro meriti, le banche etiche non possono però da sole rispondere all'imperativo di destinare le risorse della collettività ad iniziative ad essa utili.
In particolare dopo la nuova legge bancaria le banche, con gestioni inappropriate, hanno distrutto ricchezza in misura imponente.
Tra il 1993 ed il 2002, cioè in soli 9 anni, i maggiori istituti di credito italiani hanno bruciato risorse per 28 miliardi di euro.
Tuttora non definiti gli enormi danni causati dalla recente crisi finanziaria, ancora non del tutto conclusa.
Denaro e potere
La possibilità di disporre dei risparmi della collettività, conferisce ampi spazi di potere, suggerendo intrecci e connivenze e la pericolosa brama di influire - a proprio vantaggio - sugli orientamenti gestionali della cosa pubblica. E' il pericolo paventato, con cognizione di causa, da T. Jefferson.
Il danaro, è noto, attribuisce potere. Allorché la comunità affida il suo danaro alle banche (entità private) conferisce loro un enorme potere.
La comunità peraltro non è di ciò pienamente consapevole e non realizza l'assoluta priorità dell'esigenza di esercitare sulla finanza un controllo rigorosissimo, per evitare di esserne schiacciata e dominata.
Negli attuali assetti le banche pongono pesanti interrogativi sul rispetto dei meccanismi che qualificano come democratico un modello di reggimento politico.
Il problema assume una rilevanza direttamente correlata alla dimensione di influenza raggiunta dal sistema finanziario, anche a livello internazionale: dal WTO, ad organismi quali la Banca Mondiale ed il FMI, all' OCSE, ai trattati internazionali, alla Ue, per finire ai governi nazionali. Tutti operano consapevolmente per favorire l'egemonia della finanza.
Un esempio, fra i molti, segnala di quale livello di licenza goda il sistema finanziario.
Un ex dirigente della Cedel (ora Clearstream), una banca che funziona come una sorta di stanza di compensazione bancaria con sede in Lussemburgo, tale Ernest Backes, ha denunciato, con il suo libro "Révélation$," i traffici gestiti dalla banca.
Riferisce Backes che la Clearstream usa normalmente aprire conti segreti a favore di soggetti che non compaiono nell'elenco ufficiale dei clienti.
Questi clienti "speciali" sono banche internazionali e grandi multinazionali che, operando direttamente, evitano i problemi delle evidenze della movimentazione di fondi neri sui libri contabili.
Questi conti vengono utilizzati per il trasferimento clandestino di imponenti masse di danaro e titoli a favore di destinatari che non debbono comparire.
Per far ciò al riparo da eventuali controlli formali, vengono temporaneamente utilizzati programmi informatici appositamente sviluppati che eliminano immediatamente ogni registrazione delle operazioni effettuate. Terminata la transazione segreta, si provvede a reinstallare il programma normale.
Considerazioni finali
Il sistema finanziario detiene un immenso potere politico e si occupa attentamente di mantenerlo, anche intervenendo sui sistemi scolastici (come imposto dal Consiglio europeo di Lisbona 2000) per trasformare il processo di formazione dei giovani in addestramento centrato sull'economia neoliberale e la distruzione del pensiero critico.
La Mont Pelerin Society, il Bilderberg, la Tavola rotonda degli industriali, il "partito di Davos", il Centro studi per le Politiche Europee, sono tutte strutture ideate per dare forma pratica alle decisioni assunte da quell'1 per cento della popolazione mondiale oggetto degli strali di Occupy. Quella che ha espropriato il restante 99% delle risorse economiche e del potere politico.
Oggi, per evitare una deriva incivile dell'ordine politico-sociale, che si prospetta catastrofica, costituisce imperativo categorico assoluto cambiare la legge bancaria (ripristinando i principi ispiratori della precedente) e togliere alle banche il potere di creare danaro dal nulla.
Occorre poi restituire allo Stato il potere esclusivo di stampare la moneta, nel quadro di un progressivo controllo democratico del sistema finanziario.
Ciò che la politica ha favorito e consentito in campo finanziario, la politica deve ora eliminare o modificare.