di Valeria Zeppilli - Tra le varie polemiche che il recente decreto depenalizzazioni, numero 8 del 2016, ha portato con sé, una che fa davvero discutere è quella avente ad oggetto il reato di aborto clandestino.
L'articolo 19 della legge n. 194/1978, infatti, prevedeva come pena per la donna che si sottopone ad aborto clandestino il pagamento di una multa fino a centomila lire, riquantificata in cinquantuno euro.
Tuttavia, a seguito della previsione dell'articolo 1 del decreto depenalizzazioni, che stabilisce che non costituiscono più reato le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, oggi anche la previsione di cui al predetto articolo 19 esce dall'area del penalmente rilevante.
Ma qual è la conseguenza che fa tanto discutere?
Quella che le donne che abortiscono clandestinamente rischiano ora di essere condannate a pagare non più massimo 51 euro all'esito di un accertamento giudiziario, ma una sanzione che, benché di carattere amministrativo, è assolutamente sproporzionata e quasi per tutti insostenibile: una sanzione cioè compresa tra diecimila e cinquantamila euro.
È chiaro che si tratta di una previsione sperequata che, affiancandosi alle problematiche inerenti l'effettiva applicazione della legge 194 nelle strutture sanitarie a causa della presenza di un'altissima percentuale di medici obiettori di coscienza, aumenta l'intensità della luce dei riflettori attualmente puntati sulla materia degli aborti clandestini.
Con la conseguenza che petizioni, dibattiti e polemiche impazzano sul web e tra i cittadini, in attesa di una soluzione imminente.