di Valeria Zeppilli - A volte dimostrare il superamento della normale tollerabilità dei rumori provenienti da un appartamento non è così difficile: possono infatti risultare sufficienti anche le sole testimonianze degli altri condomini, senza che diventi indispensabile nominare un consulente tecnico che effettui particolari accertamenti.
A tal fine, poi, risulta irrilevante il fatto che anche i testimoni che vengono ascoltati abbiano fatto un esposto in questura nei confronti del medesimo soggetto responsabile dei rumori molesti.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 2864/2016 (qui sotto allegata), infatti, l'interesse diretto in causa è escluso semplicemente dal fatto che le abitazioni dei testimoni si trovano in una posizione diversa rispetto a quella di chi abbia agito in giudizio lamentando il fastidio.
Nel caso di specie, le testimoni sentite, condomine del medesimo edificio dell'attrice, non avevano quindi alcun interesse ad agire, idoneo a generare un'incapacità a testimoniare: gli appartamenti da esse abitati, infatti, si trovavano in una posizione diversa da quella di chi chiedeva il risarcimento. Anche l'esposto dalle stesse presentato in questura nei confronti del convenuto, peraltro, era basato su un illecito con diversi presupposti.
La condanna la risarcimento dei danni per immissioni rumorose ai sensi dell'articolo 2043 c.c. va quindi confermata, alla luce della giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, in base alla quale deve considerarsi in re ipsa l'esistenza del danno quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni.
Corte di cassazione testo sentenza numero 2864/2016