Nel caso di specie, il tribunale capitolino, riscontrando simili atteggiamenti, affidava in via esclusiva il minore alla madre.
Il padre, infatti, afflitto da notevoli patologie, non era risultato in grado di percepire correttamente la realtà, poneva in essere manifestazioni paranoidee e si sentiva perseguitato. Tutto ciò, sulla base delle risultanze della c.t.u. espletata nel corso del giudizio, gli impediva di condividere la responsabilità genitoriale.
Ai fini della decisione circa l'affidamento, per il Tribunale non rileva neanche il significativo progresso riscontrato a seguito dell'avvio di una nuova relazione sentimentale da parte dell'uomo, anch'esso emerso dalla consulenza tecnica d'ufficio.
Egli, infatti, continuava a manifestare un atteggiamento rabbioso nei confronti della ex moglie e un'incapacità di valutare la realtà con equilibrio.
Egli non sarebbe riuscito quindi a dialogare proficuamente con la madre del bambino nell'interesse di quest'ultimo.
Il minore, pertanto, non può essergli affidato. Neanche in maniera condivisa.