di Marina Crisafi - Chi taglia la strada a un'altra auto per costringerla a fermarsi o a cambiare direzione di marcia, commette reato. Ad affermarlo è la Corte d'Appello di Taranto con una recente sentenza (n. 702/2015 qui sotto allegata), confermando la condanna nei confronti di un automobilista per il reato di violenza privata per aver affiancato e stretto un furgone verso il ciglio destro della carreggiata, costringendo il suo conducente a fermarsi in una piazzola di sosta, con il fine di aggredirlo.
A nulla valgono le doglianze della difesa dell'automobilista che sosteneva, tra l'altro, l'insussistenza del reato ex art. 610 c.p., in quanto come sostenuto dallo stesso denunciante, l'uomo aveva semplicemente aderito alla richiesta dell'imputato di accostare e fermarsi.
Per la Corte d'Appello, invece, non ci sono dubbi sulla configurabilità della violenza privata, visto, tra l'altro, che il conducente del furgone si era fermato per evitare ulteriori conseguenze, data la condotta manifestamente violenta e minacciosa dell'imputato. Inoltre, affermano i giudici tarantini, richiamando la giurisprudenza della Cassazione in materia, "integra il reato di violenza privata la condotta del conducente di un veicolo che, eseguendo una brusca sterzata ovvero affiancando o sorpassando un'altra autovettura, costringa il conducente di quest'ultima a cambiare direzione di marcia per evitare la collisione" (cfr. Cass. n. 44016/2010).
Inevitabile pertanto la conferma della pronuncia impugnata che è corretta anche sotto il profilo sanzionatorio. L'uomo quindi dovrà scontare quasi 3 anni di carcere oltre a pagare la multa, i danni e le spese processuali.
Corte d'Appello di Taranto, sentenza n. 702/2015