di Lucia Izzo - Il giudice non è tenuto a motivare in maniera particolareggiata l'adesione alle conclusioni del consulente tecnico, tranne laddove queste siano successive al deposito della relazione del perito.
Lo ha disposto il Tribunale di Napoli, con la recente sentenza n. 9312/2015 (qui sotto allegata), pronunciandosi, in sede di gravame, sul ricorso presentato dagli eredi di un uomo che aveva chiesto all'autorità giudiziaria il risarcimento di danni subiti a seguito di un sinistro.
Il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda ritenendo che la dinamica del sinistro non era apparsa chiara, nonostante l'espletata CTU e l'assunzione di diverse testimonianze.
Per il Tribunale, tuttavia, non è condivisibile l'assunto del Giudice di Pace, poiché "le valutazioni del CTU appaiono del tutto condivisibili perché adeguatamente motivate".
In proposito, viene richiamato l'orientamento della Cassazione (n. 14638/2004) secondo cui "il giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del consulente tecnico non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti dell'ausiliare se dalla indicazione della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l'obbligo della motivazione è assolto con l'indicazione della fonte dell'apprezzamento espresso".
Soltanto nel caso in cui i rilievi all'operato del consulente tecnico, avanzati dopo il deposito della relazione (che, quindi, non hanno ricevuto risposta nella stessa), si presentino specifici, puntuali e suffragati da elementi di prova, il giudice, che ritiene di uniformarsi al parere del consulente tecnico, non può sottrarsi al dovere si esporre le ragioni per le quali ha ritenuto infondati i medesimi rilievi.
La Corte di legittimità (sent. 10688/08) ha altresì ribadito che "è consentito al giudice di limitarsi a condividere le argomentazioni tecniche svolte dal proprio consulente, recependole, qualora le critiche mosse alla consulenza siano state già valutate dal consulente d'ufficio ed abbiano trovato motivata e convincente smentita in un rigoroso ragionamento logico".
Ancora, secondo altra pronuncia di Cassazione (n. 282/2009) "non è necessario che il giudice si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte, risolvendosi in mere allegazioni difensive".
Si tratta di un orientamento dalle radici non recenti, se si pensa che già la pronuncia 1642/1976 della Cassazione aveva ritenuto che "il giudice di merito, mentre deve indagare le ragioni per le quali ritenga di non poter condividere le conclusioni del consulente tecnico di ufficio, non è, invece, tenuto ad una specifica e particolareggiata motivazione nel caso in cui a quelle conclusioni aderisca, riconoscendole giustificate dalle indagini svolte dal consulente e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione".
In tal caso "è sufficiente che egli dimostri, senza la necessità di un'analitica motivazione, di aver proceduto alla valutazione della consulenza tecnica e di averla riscontrata convincente, oltre che immune da difetti o lacune".
Nel caso di specie, la CTU appare determinante per riconoscere e liquidare il danno lamentato dai ricorrenti.
Tribunale di Napoli, sentenza del 25 giugno 2015 n. 9312