La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 25464/2004) ha stabilito che chi offre in vendita prestazioni sessuali a pagamento via Internet rischia una condanna per sfruttamento della prostituzione. I Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che "l'elemento caratterizzante l'atto di prostituzione non è necessariamente costituito dal contatto fisico tra i soggetti della prestazione, bensì dal fatto che un qualsiasi atto sessuale venga compiuto dietro pagamento di un corrispettivo e risulti finalizzato, in via diretta ed immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o che è destinatario della prestazione". Infine i Giudici della Corte hanno affermato che "così precisata la nozione di atto di prostituzione, ovviamente legata per la sua rilevanza penale alla esistenza di condotte vietate dalla legge 75/1958, si palesa irrilevante il fatto che chi si prostituisce e il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi, allorché gli stessi risultino collegati, tramite internet, in videoconferenza, che consente all'utente della prestazione, non diversamente da quanto potrebbe verificarsi nell'ipotesi di contemporanea presenza nello stesso luogo, di interagire con chi si prostituisce, in modo da poter chiedere a questi il compimento di atti sessuali determinati, che vengono effettivamente eseguiti e immediatamente percepiti da colui che ordina la prestazione sessuale a pagamento" e che "nell'ipotesi in cui l'utente del sito internet fruisce esclusivamente di immagini preregistrate, riferentisi a soggetti adulti, non sono configurabili le fattispecie delittuose oggetto di indagine, a meno che il collegamento con il sito internet non costituisca il tramite per una successiva e diversa attività di favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione". .
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