di Lucia Izzo - L'interessato potrà accedere all'atto dell'amministrazione competente anche se questo è stato oggetto di sequestro: la segretezza delle indagini non giustifica il legittimo diniego opposto al privato, poiché l'ente dovrà richiedere il documento "incriminato" all'autorità giudiziaria e poi sarà questa a decidere se la domanda merita o meno accoglimento.
Lo ha disposto il Tar Lazio, nella sentenza 7/2016 (qui sotto allegata) in un giudizio coinvolgente diverse aziende del Salentino coinvolte nel caso Xylella Fastidiosa, batterio killer che ha costretto all'abbattimento di numerose piante di ulivo nel territorio pugliese.
I ricorrenti si dolgono dell'illegittimità del mancato accesso alle documentazioni inerenti l'infestazione del patogeno indicato, ritenendoli necessari alla propria difesa in giudizio in altro procedimento.
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali aveva negato l'ostensione degli atti allegando di esservi impedito dall'avvenuto assoggettamento dei documenti richiesti a sequestro probatorio, in originale e senza che siano rimaste delle copie nella disponibilità dell'Amministrazione, da parte dell'Autorità Giudiziaria.
Il TAR evidenzia che la giurisprudenza è orientata nel ritenere che "il regime di segretezza di cui all'art. 329 c.p.p. non costituisce un motivo legittimo di diniego all'accesso dei documenti, fintantoché gli stessi siano nella disponibilità dell'Amministrazione e il giudice che conduce l'indagine penale non li abbia acquisiti con uno specifico provvedimento di sequestro".
Nel caso di specie, risulta dal verbale di sequestro probatorio che la documentazione d'interesse è stata acquisita in originale e senza che siano state lasciate copie nella disponibilità dell'Amministrazione e che i medesimi documenti "saranno custoditi a cura" del Comando procedente "a disposizione dell'A.G. mandante".
In base a ciò, risulta comprovato che l'Amministrazione intimata non è nella detenzione materiale dei documenti di cui è richiesto l'accesso.
Tuttavia, il Tribunale amministrativo osserva che, ai sensi dell'art. 258 c.p.p., "l'Autorità Giudiziaria può fare estrarre copia degli atti e dei documenti sequestrati, restituendo gli originali, e, quando il sequestro di questi è mantenuto, può autorizzare la cancelleria o la segreteria a rilasciare gratuitamente copia autentica a coloro che li detenevano legittimamente".
Tale estrazione è consentita, ovviamente, in relazione alle specifiche esigenze di segretezza degli atti di indagine che solo l'Autorità Giudiziaria procedente può valutare in concreto, soppesando i diversi interessi coinvolti e la relativa richiesta è proponibile, a sua volta, solo da parte di coloro che "detenevano legittimamente" gli atti sequestrati, ovvero, nel caso di specie, l'Amministrazione destinataria della richiesta di accesso ex lege 241/90.
Pertanto, "va ritenuto che l'effetto impeditivo al rilascio dei documenti richiesti scaturente dal provvedimento giudiziario di sequestro ex art. 253 e ss. c.p.p. si verifica solo allorchè l'Amministrazione, avendone fatto richiesta, non abbia ottenuto dall'A.G. procedente l'estrazione di copie consentita dall'art. 258 c.p.p."
Infatti, poiché la richiesta di estrazione di copie dei documenti sequestrati (ex art. 258 c.p.p.) è una facoltà di chi li deteneva legittimamente, quando l'Amministrazione sequestrataria riceve una istanza di accesso agli atti (sequestrati) da parte di un privato avente titolo a richiederlo, l'evasione dell'istanza comporta "l'obbligo, esigibile in buona fede e secondo diligenza, di esercitare tale facoltà allo scopo di porre in essere quel diligente sforzo possibile secondo le circostanze concrete per soddisfare l'interesse legittimo della parte interessata ad ottenere la conoscenza dei dati e delle informazioni cui ha titolo".
Ciò avviene, naturalmente, a condizione che sia stato verificato, in capo al richiedente, il possesso delle condizioni soggettive legittimanti ad effettuare l'accesso agli atti e questo risulti impedito solamente dalla circostanza della sussistenza del sequestro, tutte condizioni che, nel caso di specie, non sono poste in dubbio e pertanto determinano l'accoglimento del ricorso.
Tar Lazio, sent. 7/2016• Foto: 123rf.com