di Lucia Izzo - Il giudice, nel liquidare il danno non patrimoniale, può scendere al di sotto dei limiti previsti dalle Tabelle milanesi, ma deve dare adeguatamente conto in motivazione delle circostanze che hanno portato ad una simile valutazione.
Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, quando la specifica situazione rilevata è tanto peculiare da non essere stata considerata dal parametro tabellare.
Lo ha disposto la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 3505/2016 depositata ieri.
Ricorrono dinnanzi agli Ermellini, in qualità di eredi, le figlie di un uomo deceduto nel corso di un'operazione chirurgica per l'amputazione dell'avampiede sinistro, resasi necessaria dopo che costui era stato investito da un trattore.
Le ricorrenti, lamentano la mancata applicazione dei valori numerici delle tabelle di Milano sui danni da morte, poiché l'entità del risarcimento loro riconosciuto è inferiore a quella minima prevista nelle tabelle, ratione temporis applicabili, in relazione alla morte di un genitore per due figlie non ancora trentenni.
Gli Ermellini rilevano che, in concreto, la determinazione del risarcimento del danno non patrimoniale, da parte della Corte di Appello, è avvenuta in un importo inferiore al minimo previsto dalle cd. tabelle milanesi del 2011.
L'operazione sarebbe stata quindi ammissibile, ma avrebbe peraltro richiesto adeguata motivazione, in considerazione della situazione di fatto emergente dalla sentenza impugnata e delle circostanze dedotte e dimostrate dalle parti in sede di merito, per non incorrere nel vizio di violazione di legge denunziato.
Per il Collegio, pertanto, "è certamente da ammettersi la possibilità che la liquidazione del danno non patrimoniale, nell'opera di necessaria personalizzazione di esso in base alle circostanze del caso concreto, sia effettuata anche con il superamento dei limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalla cd. tabella milanese".
Ma è altrettanto vero, prosegue la Suprema Corte, che tale deroga, per non privare completamente di significato la giurisprudenza che avalla l'adozione di un tale uniforme parametro, deve poter avvenire "solo quando la specifica vicenda presa in considerazione non rientri nell'ambito dell'ordinario e pur differenziato atteggiarsi delle varie possibili situazioni in astratto idonee ad orientare la liquidazione stessa tra il minimo ed il massimo del parametro tabellare, ma se ne discosti, per la presenza di circostanze di cui il parametro stesso, evidentemente costruito in base alla considerazione dell'oscillazione ipotizzabile nell'ambito delle diverse situazioni ordinarie configurabili secondo l'id quod plerumque accidit, non possa aver tenuto conto".
La motivazione della sentenza impugnata risulta sotto tale aspetto del tutto insufficiente: la corte di merito dichiara di voler applicare le tabelle milanesi del 2011, ma liquida un importo certamente inferiore
al minimo previsto in tali tabelle, senza assolutamente indicare motivi idonei a giustificare, né in astratto né in concreto, tale deroga, e addirittura senza neanche espressamente chiarire l'intenzione di derogare il suddetto minimo.
Della questione dovrà occuparsi il giudice del rinvio.