di Lucia Izzo - Se mancano specifiche norme che dispongono diversamente, è inammissibile l'istanza cautelare contenuta nel ricorso per Cassazione avanzato dall'avvocato sospeso dall'esercizio dalla professione forense.
Anche laddove la sentenza sia stata resa in appello da un giudice speciale come il CNF, va applicato l'art. 373 c.p.c., a norma del quale "il ricorso per cassazione non sospende l'esecuzione della sentenza".
Le Sezioni Unite civili, nella sentenza n. 3734/2016 (qui sotto allegata) confermano la sanzione disciplinare comminata prima dal Consiglio dell'Ordine, poi dal Consiglio Nazionale Forense, a un'avvocatessa sospesa per 8 mesi dall'esercizio della professione.
La professionista aveva richiesto e incassato, senza emettere fattura, un compenso dai propri assistiti sottacendo agli stessi di avere incassato dall'assicurazione una somma per il medesimo titolo
Dinnanzi agli Ermellini non trova però accoglimento la domanda di sospensione della decisione del C.N.F., nella parte in cui aveva inibito l'esercizio della professione, nonostante la donna lamenti il grave pregiudizio connesso alla relativa applicazione.
Per i giudici, salvo che sia diversamente disposto da specifiche disposizioni, in tema di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza d'appello resa dai giudici speciali, impugnata con ricorso alle sezioni Unite della Corte di Cassazione, deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all'art. 373 c.p.c., poiché nulla prevede al riguardo l'art. 111 Cost. sul ricorso per cassazione avverso le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, con la conseguenza che è inammissibile un'istanza "cautelare" contenuta nel ricorso per cassazione.
La doglianza della ricorrente risulta inammissibile anche in quanto totalmente generica, non indicando concreti elementi per cui, dall'esecuzione della sentenza, dovrebbe "derivare grave ed irreparabile danno".
Il ricorso, inoltre, prospetta mezzi che censurano la sentenza, esclusivamente, sotto il profilo motivazionale.
I giudici ricordano che in tema di ricorso per cassazione avverso le decisioni emanate dal Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare, l'inosservanza dell'obbligo di motivazione su questioni di fatto integra una violazione di legge, denunciabile con ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ma solo ove essa si traduca in una motivazione completamente assente o puramente apparente, vale a dire non ricostruibile logicamente ovvero priva di riferibilità ai fatti di causa.
Tali presupposti non ricorrono nel caso di specie, in quanto la decisione impugnata è supportata da motivazione che esplicita il percorso logico-formale seguito per giungere all'adottata decisione, quindi i motivi del ricorso appaiono inidonei a dare ingresso all'impugnazione e precludono comunque anche l'esame della domanda di sospensione.