di Lucia Izzo - Il condomino disabile può, in via di autotutela, provvedere ad installare nello stabile l'impianto di servo-scala a sue spese, anche se gli altri inquilini non sono d'accordo.
Nonostante l'innovazione sia legata alla persona del portatore di handicap, del dispositivo potranno però fruire anche altri condomini che vivono nello stabile, non venendosi a creare un diritto personalissimo del disabile.
Lo ha disposto la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 3858/2016 (qui sotto allegata), rigettando il il ricorso di un condomino.
L'uomo aveva chiesto al Giudice di Pace che il seggiolino dell'impianto di servo-scala, installato nell'interesse di altro condomino disabile, fosse collocato sul pianerottolo di sua pertinenza dopo l'uso; lamentava che la presenza del seggiolino sugli ultimi sugli ultimi tre gradini del quarto piano della scala condominiale determinava una riduzione del calpestio e un pericoloso ostacolo.
In sede di gravame, il Tribunale considera l'ingombro provocato dal seggiolino modesto e tollerabile, senza che venga compromesso eccessivamente il diritto all'altrui uso della cosa comune, pertanto riforma la decisione di primo grado che aveva condannato i convenuti, eredi dell'originario chiamato in causa premorto, a collocare il seggiolino sul pianerottolo di loro pertinenza.
Innanzi agli Ermellini, il condomino contesta in primis il difetto di legittimazione e la carenza di interesse ad agire in capo agli eredi, in quando non vi sarebbe stato titolo per far valere un diritto strettamente legato alla condizione di portatore di handicap del premorto.
Doglianza infondata secondo la Suprema Corte: infatti, in materia di uso di dispositivi finalizzati all'eliminazione delle barriere architettoniche, ex art 2, comma 2, legge 13/1989, va riconosciuta legittimazione a resistere in giudizio e correlato interesse anche in capo agli eredi del portatore di nel cui interesse il dispositivo era stato installato.
Alla normativa è sottesa una finalità pubblicistica, espressione a sua volta del principio di solidarietà, che consente di ritenere irrilevante, ai fini della installazione di dispositivi inamovibili di accesso negli edifici, l'esistenza di condomini disabili; ciò impedisce di configurare il diritto al mantenimento e all'uso dei dispositivi cosiddetti provvisori, ove già installati, come diritto personale e intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso.
La normativa in materia di eliminazione delle barriere architettonica persegue infatti, attraverso la tutela individuale dell'invalido, un interesse generale all'accessibilità degli edifici.
In particolare, con riferimento all'installazione di impianti provvisori del tipo servo scala, la legge consente al portatore di handicap di superare il rifiuto del condominio e di installare a sue spese l'impianto o altro strutture mobili, ovvero di modificare l'ampiezza delle porte d'accesso.
Ai fini dell'installazione del dispositivo anti barriera è pertanto necessaria la presenza di un soggetto residente portatore di handicap, anche in funzione della erogazione di contributi pubblici.
Tuttavia se la genesi dell'innovazione in autotutela è strettamente legata alla persona affetta da minorazione, non altrettanto è a dirsi dell'uso del dispositivo che può servire contemporaneamente altri soggetti che vivono nel medesimo condominio, dovendosi in ogni caso ritenere che la funzione antibarriera, realizzata con il contributo pubblico, non venga meno con la persona nel cui interesse il dispositivo è installato.
Dovendosi escludere la configurabilità di un diritto personalissimo all'uso dell'impianto, i giudici evidenziano che, nel caso di specie, i convenuti, costituitisi in giudizio a seguito del decesso del congiunto originario convenuto, sono legittimati a proseguire il processo in quanto eredi del predetto e al contempo portatori di un interesse proprio alla definizione della controversia relativa all'uso del dispositivo servo scala in quanto condomini e potenziali utilizzatori dello stesso.
Per quanto riguarda il presunto ingombro causato dal seggiolino, i giudici richiamano la valutazione tecnica svolta dal CTU in sede di merito, secondo il quale lo spostamento del seggiolino avrebbe compromesso la sicurezza dell'impianto. Inoltre, l'ingombro causato dall'apparecchio appare tollerabile e provoca una modesta compressione al pari uso della cosa comune.
Cass., II sez. civ., sent. 3858/2016• Foto: 123rf.com