di Valeria Zeppilli - Se tra due o più parti sussiste un conflitto di interessi, esse non possono costituirsi in giudizio a mezzo di un medesimo avvocato, tantomeno conferendogli il mandato con un unico atto.
Ad averlo recentemente precisato è stata la sentenza numero 4313/2016, depositata dalla Corte di cassazione il 4 marzo (qui sotto allegata), con la quale i giudici hanno colto l'occasione di una disputa tra familiari in materia di eredità per fare accuratamente il punto sulla questione.
Con tale pronuncia, più nel dettaglio, la Corte ha chiarito che il principio sopra enunciato vale non solo nel caso in cui il conflitto di interessi sia attuale, ma anche quando esso si configuri come solo virtuale, ovverosia anche nel caso in cui esso sia insito solo potenzialmente nel rapporto tra le parti stesse.
I giudici hanno inoltre precisato che l'impedimento derivante dal conflitto di interessi si estende anche ai casi di simultaneus processus.
Del resto, gli avvocati non possono svolgere attività difensiva in contemporanea a favore di soggetti che siano portatori di istanze configgenti se non vogliono ledere il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti che, in quanto tali, permettono la rilevabilità anche di ufficio della predetta violazione.
Nel sancire ciò, la Corte di cassazione non ha comunque escluso che l'attualità del conflitto possa comunque venire meno. Tuttavia, l'effettivo superamento della contrapposizione tra gli interessi delle parti deve emergere dalle risultanze processuali.
Ciò, avviene, ad esempio, nel caso in cui una delle parti rinunci espressamente alle pretese configgenti con quelle dell'altra rappresentata dal medesimo procuratore.
Corte di cassazione testo sentenza numero 4313/2016