di Marina Crisafi - Il tirocinio presso gli uffici giudiziari può essere riconosciuto ai fini del compimento di un anno di pratica forense, ma in capo all'aspirante avvocato rimane l'obbligo di svolgere un ulteriore semestre presso uno studio legale. Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense, con il parere (n. 55/2015) pubblicato oggi sul sito istituzionale in risposta a un apposito quesito formulato dal Coa di Trapani.
Prendendo atto del contrasto esistente in materia (cfr. i due pareri emessi nel 2014, rispettivamente n. 106 e n. 110), il Consiglio, sposando integralmente le tesi, da ultimo, sostenute ha preliminarmente ricordato che la riforma forense (l. n. 247/2012) ha introdotto un nuovo percorso formativo del praticante, tuttavia non ancora in vigore, che entrerà a regime solo allorquando saranno emanati i decreti ministeriali di attuazione.
Al momento, quindi, il tirocinio formativo eseguito presso gli uffici giudiziari (ex art. 73 comma 13 del d.l. n. 69/2013), può essere svolto contestualmente alla pratica forense "a condizione che le modalità di effettuazione individuate dal Capo dell'Ufficio giudiziario, in collaborazione con il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, siano ritenute compatibili". Ciò in ogni caso per non più di un anno, in quanto pur essendo praticabile la frequentazione contestuale dello studio legale e dell'ufficio giudiziario, "il positivo esito dello stage non potrà far venir meno l'obbligo di frequentare lo studio legale, ai fini del compimento della pratica, per ulteriori sei mesi".
Detta opportunità, comunque, ricorda il Cnf, "non sarà più fruibile a decorrere dalla piena applicabilità alle modalità di effettuazione della pratica forense, propedeutica all'Esame di Stato di cui al Titolo IV, Capo II, della Legge n. 247/2012, delle norme recate dal Titolo IV, Capo I, della suddetta legge, che decorrerà dall'entrata in vigore dei decreti ministeriali attuativi".