di Valeria Zeppilli - Niente falso ideologico per il dottore commercialista che attesta un piano di concordato preventivo. Il motivo? Non si tratta di pubblico ufficiale.
Proprio sulla base di tali argomentazioni, la quinta sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza numero 9542/2016 depositata l'otto marzo (qui sotto allegata), ha respinto il ricorso con il quale il Pubblico Ministero, contrariamente al Tribunale di Nuoro, ribadiva, invece, la configurabilità del reato.
Correttamente, per la Corte, il Tribunale ha posto in evidenza il fatto che nella norma manca un'espressa attribuzione al professionista commercialista della qualità di pubblico ufficiale, qualità invece riconosciuta dalla legge fallimentare ad altri soggetti delle procedure concorsuali (si pensi, ad esempio, al curatore, al commissario giudiziale e al commissario liquidatore).
Sulla base di tale elemento, oltretutto, già la stessa Cassazione aveva escluso, come ricordato nella sentenza in commento, la qualità di pubblico ufficiale in capo al liquidatore giudiziale nominato nella procedura di concordato preventivo.
Non c'è dunque motivo per ritenere che lo stesso ragionamento non debba ritenersi valevole anche per il commercialista che sia incaricato di redigere la relazione circa il piano di fattibilità della procedura.
Tutto ciò senza dimenticare che comunque l'attestazione posta dal professionista non vincola il controllo di legittimità che il giudice comunque esercita sul giudizio di fattibilità del concordato e che la valutazione nel merito su tale giudizio è affidata ai creditori.
Di conseguenza, le funzioni del commercialista sono quelle di un consulente che, peraltro, non restano strumentali solo all'esercizio dell'attività giudiziaria.
Corte di cassazione testo sentenza numero 9542/2016